Di Vittorio Provera
La circostanza che un datore di lavoro (nella specie un editore) si determini ad erogare un premio ai dipendenti con il sistema del credito pro-capite da utilizzare per l’acquisto di beni e servizi ricevuti da aziende inserzioniste di pubblicità (anziché con l’erogazione di somme di denaro), non determina un obbligo contributivo. Il principio è stato affermato dalla Suprema Corte con recente ordinanza numero 14068 del 21 maggio 2021.
La vicenda trae origine da una azione di accertamento di un Ente previdenziale con riferimento, fra l’altro, a premi di risultato erogati dall’azienda ai lavoratori con il sistema del cambio merce. L’Istituto allegava in giudizio che detta modalità – peraltro non negoziata con l’azienda – così come la circostanza che i premi fossero stati concessi per il medesimo importo a tutti i dipendenti (sempre con il sistema del credito per acquisto di beni e servizi ricevuti da clienti del datore di lavoro), determinasse un onere contributivo. Ad esito del giudizio di primo grado le pretese dell’Ente di previdenza venivano accolte. Proposta impugnativa dall’azienda, i giudici di appello hanno integralmente riformato la sentenza, ritenendo non dovute le somme pretese per asserita omissione contributiva.
In punto si è motivato che l’erogazione concessa ai lavoratori per un massimale annuo e con le modalità descritte era da considerarsi un premio di produzione derivante da accordo aziendale e come tale non assoggettabile ad agevolazione contributiva. Avverso detta pronuncia l’Ente previdenziale ha promosso ricorso avanti alla Suprema Corte di Cassazione, lamentando un preteso omesso esame di un fatto decisivo, riguardante la modalità di erogazione del premio tramite cambio merce, neppure previsto nell’accordo aziendale. Al riguardo, i Giudici di legittimità – nel respingere il ricorso – hanno riconosciuto la correttezza e non censurabilità della valutazione effettuata in appello circa l’irrilevanza, agli effetti dell’esenzione contributiva, delle modalità di erogazione del premio concretamente corrisposto in natura anziché in denaro. Infatti, l’elemento fondamentale da prendere in considerazione al fine di riconoscere o negare l’esenzione contributiva è costituito dalla fonte negoziale del premio, che deve essere correlato altresì ad effettivi incrementi produttivi. Nel caso di specie, in base alle intese, è stato ritenuto applicabile il regime di automatica e totale esclusione dalla retribuzione imponibile ai fini previdenziali dell’erogazione premiale pattuita nel contratto decentrato, posto che nel medesimo sono stati individuati l’ammontare del premio, il criterio di misurazione di incrementi di produttività, di qualità ed altri elementi di competitività dell’azienda; per contro a nulla rilevava la modalità di erogazione del benefit (in natura o in denaro).
Si tratta di pronuncia significativa, laddove respinge il tentativo di limitare, con un eccesso di formalismo arcaico o forzate interpretazioni restrittive, l’applicazione dello strumento della decontribuzione, finalizzato a favorire l’introduzione di elementi retributivi incentivanti, correlati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione misurabili e verificabili, anche con il coinvolgimento del dipendente.
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