Malattia e licenziamento. L’azienda non deve segnalare al dipendente l’imminente superamento del periodo di comporto

Malattia e licenziamento. L’azienda non deve segnalare al dipendente l’imminente superamento del periodo di comporto

Di Tommaso Targa

Con la sentenza n. 30478/2021, depositata il 28 ottobre 2021, la Cassazione ha ribadito il principio (già affermato in precedenti pronunce) secondo cui, in ipotesi di licenziamento per superamento del comporto, il datore di lavoro non è obbligato ad allertare il dipendente circa l’imminente raggiungimento del periodo massimo di conservazione del rapporto, né a suggerirgli strumenti alternativi all’assenza per malattia (ferie, aspettativa). Nella giurisprudenza di merito, esiste anche un orientamento di segno contrario, minoritario (Trib. Santa Maria Capua Vetere 20012/2019; Trib. Milano 2875/2016). Nella stessa vicenda qui esaminata, il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento perché l’azienda non aveva assolto a tale preteso obbligo, mentre la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza di primo grado.

L’orientamento della Suprema Corte si fonda sul fatto che il licenziamento per comporto è motivato dalla oggettiva prolungata assenza per malattia, superiore alla durata massima prevista dal CCNL e, quindi, dall’impossibilità sopravvenuta di rendere la prestazione lavorativa (Cass. 18960/2020).

Trattandosi di un licenziamento che non ha natura disciplinare, né latu sensu soggettiva, non serve alcuna preventiva “contestazione” delle assenze. Neanche al momento della intimazione del licenziamento, è obbligatorio (seppur nella prassi ciò avvenga spesso) riportare analiticamente l’elenco delle assenze (Cass. 20761/2018). Semmai, il calcolo andrà esplicitato se richiesto dal lavoratore, dopo l’avvenuto licenziamento (Cass.  5752/2019).

Insomma, alla direzione del personale non spettano adempimenti che semmai il dipendente può richiedere a un patronato, e che sarebbero eccessivamente onerosi sotto il profilo gestionale, soprattutto nelle realtà aziendali di grandi dimensioni. 

Va detto che, in un’ottica di bilanciamento dei rispettivi interessi, la giurisprudenza afferma la facoltà del lavoratore – ove egli abbia autonomamente verificato che sta per superare il periodo di comporto – di chiedere le ferie residue, onde evitare il licenziamento. Le ferie potranno essergli negate solo in presenza di ragioni gravi (Cass. 19062/2020; Cass. 27392/2018).

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