Trib. Verona 25 febbraio 2020
Causa seguita da Francesco Torniamenti
Nel caso in cui il lavoratore ponga in essere una condotta integrante gli estremi di un reato – e ciò comporti l’avvio di indagini da parte della Procura della Repubblica – il datore di lavoro, prima di contestare gli addebiti al dipendente ed applicare la conseguente sanzione disciplinare, ben può attendere l’esito delle indagini preliminari.
Questi i fatti. Un lavoratore, promotore presso un intermediario finanziario, veniva scoperto mentre prelevava denaro utilizzando una carta prepagata intestata ad un cliente. Il datore di lavoro immediatamente allertava le forze dell’ordine che svolgevano, per mesi, le relative indagini. All’esito, il lavoratore veniva rinviato a giudizio per truffa ed accusato di aver, ad arte, creato una carta prepagata a nome di un ignaro correntista, caricato la stessa con i denari appartenenti ad altro cliente e poi proceduto ad utilizzarla per scopi personali. Una volta avuto accesso al fascicolo giudiziario, ed esaminate le dichiarazioni degli informatori (in particolare dei due correntisti che dichiaravano, entrambi, di non essere a conoscenza dell’esistenza di tale carta prepagata) la società licenziava in tronco il promotore.
Impugnato il licenziamento in giudizio, il ricorrente, in primo luogo, eccepiva la tardività della contestazione, affermando che il datore di lavoro, pur essendo a conoscenza dei fatti di causa, aveva atteso mesi prima di promuovere il procedimento disciplinare. La società datrice si difendeva sostenendo che, prima dell’esaurirsi delle indagini preliminari, non era possibile accedere agli atti del procedimento penale e, quindi, formulare con precisione gli addebiti.
Il giudice, accogliendo le difese della società, riteneva legittimo il licenziamento rigettando, in primo luogo, l’eccezione di tardività della contestazione. In particolare, statuiva che la lettera di addebito era stata inviata al lavoratore a distanza di un solo un mese dal momento in cui il datore aveva avuto accesso al fascicolo del processo penale ed acquisito, così, piena conoscenza dei fatti. Tale decisione si pone in linea con la giurisprudenza recente della Cassazione (Cass. 25 ottobre 2018, 27069) per cui, ove il fatto di valenza disciplinare abbia anche rilievo penale, il principio dell’immediatezza della contestazione non è violato qualora il datore abbia scelto di attendere l’esito degli accertamenti svolti in sede penale per giungere a contestare l’addebito.
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