Smart Working: quanto può dirsi agile?

Smart Working: quanto può dirsi agile?

di Stefano Trifirò

È trascorsa poco più di una settimana da quando il DPCM 11 marzo 2020, ha espressamente fatto raccomandazione del massimo utilizzo, da parte delle imprese, delle modalità smart working per tutte quelle attività che possono essere svolte in modalità a distanza.

Al fine di agevolare l’imprenditore nell’applicazione quanto più celere delle modalità di lavoro agile, la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva già emanato il precedente 1° marzo 2020 un Decreto, con il quale è stata introdotta a la nuova procedura semplificata per l’invio massivo delle comunicazioni di smart working per il periodo di emergenza epidemiologica. Accesso che, fra le altre cose, prevede il semplice invio un foglio Excel senza che sia necessaria la preventiva formalizzazione di un accordo con i lavoratori.

L’estrema immediatezza degli adempimenti amministrativi richiesti al datore potrebbe portare il medesimo a ritenere che non vi siano ulteriori accorgimenti da assumere. Ma non è così.

Infatti, ciò che non si evince direttamente dal Decreto, ma che l’Inail ha ben sottolineato il 10 marzo scorso, è che i molti obblighi datoriali nei confronti dello smart worker sono rimasti i medesimi di cui alla L. 22 maggio 2017, n. 81. E che tali obblighi sono ancor più rigorosi nell’attuale scenario di emergenza sanitaria di Covid-19.

Infatti, la predetta L. 81/2017 ha imposto in primo luogo precisi obblighi di sicurezza sul lavoro rilevanti anche sotto i noti profili di cui all’art. 2087 cod. civ. Viene fatto per il datore di lavoro espresso obbligo di fornire al lavoratore gli strumenti di lavoro idonei e sicuri all’espletamento delle sue mansioni e di inviare al medesimo un’informativa scritta per la sicurezza circa i rischi generici e specifici dell’esecuzione della prestazione in modalità agile.

Quanto agli strumenti di lavoro ed alla loro idoneità all’espletamento delle mansioni di cui viene incaricato il dipendente, è stato evidenziato dalla recente stampa come nell’arco di pochi giorni 554.754 lavoratori abbiano avuto accesso per la prima volta ed improvvisamente allo smart working. Ciò non solo con un notevole sovraccarico del traffico dati (aumentato in media fra il 20% ed il 50%), ma anche con strumenti di lavoro alle volte inesistenti o inadatti.

Ne consegue che, superata l’immediatezza dei primi giorni, il datore di lavoro non può ritenersi esonerato dal fornire al lavoratore gli strumenti di lavoro necessari allo svolgimento del lavoro da casa, quali personal computer e, se del caso, un’idonea connessione internet. Detti strumenti, si badi, non rappresentano benefits, ma beni volti a sostituire la presenza in ufficio del lavoratore e che, per tale ragione, devono sì essere forniti, ma allo stesso tempo strettamente limitati all’attività lavorativa nel periodo di isolamento domiciliare de quo. Con le responsabilità disciplinari e gli obblighi di restituzione che ne conseguono per il dipendente.

Venendo, poi, all’informativa ai dipendenti, questa presuppone un’attenta valutazione dei rischi specifici sul lavoro, fra i quali è necessario far rientrare anche il rischio di contagio da COVID-19, in ragione dei noti rischi epidemiologici che hanno esplicitamente giustificato lo stesso smart working agevolato di cui al DPCM in isolamento domiciliare.

Pertanto, nell’inserimento dei rischi e delle norme di sicurezza sul lavoro sarà necessario affiancare a quanto consuetamente indicato anche specifiche indicazioni e valutazioni circa le condotte che il lavoratore è tenuto ad assumere per evitare i rischi di carattere sanitario conseguenti all’epidemia di Covid-19, quali precise istruzioni sulle distanze interpersonali e sull’igienizzazione dei locali, dei dispositivi e della persona durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Ciò in quanto, a differenza di quanto avviene con le normali patologie infettive, i rischi sanitari connessi all’epidemia da Coronavirus sono suscettibili di venir eventualmente riconosciuti in questo frangente rischi specifici, prevedibili e, per l’effetto, prevenibili dal datore di lavoro.

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