
A cura della Redazione Biblioteca
“Ambire a un posto di lavoro” è al giorno d’oggi un’aspirazione legittima quanto complessa, viste la difficoltà generale e la disoccupazione diffuse in molti Paesi. Ma al significato primo di questa affermazione (‘desiderare un’occupazione stabile’) soggiace anche un secondo significato: il ‘posto’ di lavoro non è solo un impiego, ma anche un ‘luogo’ in cui svolgere le proprie mansioni, in cui interagire con colleghi, collaboratori o clienti, in cui esprimersi e riconoscersi.
Il tema del ‘luogo’ della prestazione di lavoro è, come si sa, molto complesso e insieme affascinante perché chiama oggi in causa una serie di nuove forme di prestazione, spesso fluide e in continua evoluzione: si pensi al co-working, una delle più interessanti espressioni della sharing economy consumata sul campo, o allo home-working, che permette un’organizzazione del lavoro anche in absentia.
Fenomeni molto diffusi (si parla di un mercato in continua ascesa: oltre 300 postazioni di co–working in Italia, con Milano capofila e un “pubblico” composto da giovani imprenditori, start-up, consulenti o casalinghe smart, ma anche lavoratori subordinati o para-subordinati che fanno capo a piccole aziende), che ci inducono a riflettere sul concetto stesso di ‘posto di lavoro’, e forse addirittura a ripensarlo. Ecco allora che il ‘luogo della prestazione’ diventa un angolo attrezzato con prese elettriche e wifi in un supermercato in centro; la sala riunioni è la hall di una biblioteca pubblica dove prendersi anche un caffè; il meeting si fa in treno, nel salottino preposto, per sfruttare il tempo del viaggio; il lavoro si svolge dalla propria cucina postando un contenuto su un canale social. Luoghi perlopiù ben attrezzati, ben arredati, piacevoli, comodi, che suppliscono peraltro spesso alla mancanza di disponibilità, da parte degli interessati, di una sede che sia adeguata, per dimensioni e standard, alle esigenze del business. Il che, come si vede, fa sì che il fenomeno non sia limitato a un territorio per così dire privato, ma interessi – e in un certo senso condizioni (se non addirittura plasmi) – lo stesso tessuto urbano e sociale e gli investimenti a questo connessi.
Nel 1967 veniva pubblicato un volume dal titolo Il luogo della prestazione di lavoro subordinato a firma dell’Avv. Prof. Pierpaolo Cipressi, allora assistente dell’Università di Modena. Questo libro si trova nella nostra biblioteca, rubricato dal Prof. Grassetti con il suo ex libris, come nr. 6247 (un numero alto, dunque uno dei suoi acquisti “recenti”) ed è a disposizione per chi avesse interesse ad approfondire il confronto tra la realtà di allora (precedente ai grandi cambiamenti della società e a tutto il tema del “digitale”) e il mondo, in continua evoluzione, di oggi.