
A cura della Redazione Biblioteca
È di qualche giorno fa la notizia di un clamoroso furto alla Biblioteca nazionale di Madrid. A essere scomparsa è la rarissima prima edizione del Sidereus Nuncius, l’opera con cui Galileo Galilei, nel 1610, annunciò al mondo un nuovo modo di guardare all’universo. L’intrigo è degno di Lupin: il furto (peraltro non il primo) sarebbe avvenuto anni fa, quando sembra che la copia originale del prezioso libro venisse sostituita da un raffinatissimo falso. Sostituzione di cui ci si accorse però solo nel 2014, quando fortuitamente, grazie a una campagna di restauro, due esperti si resero conto di avere tra le mani un esemplare contraffatto. Ma ancora nulla: la Biblioteca denunciò il furto solo nel 2018 e solo per le insistenze lapidarie di un ricercatore; la notizia rimase “sepolta”. Oggi, passati altri tre anni, il “caso” è esploso sulle colonne de El País, che ha condotto un’inchiesta. Questo caso, peraltro, segue altre turpi vicende di furti e contraffazioni che hanno avuto al centro sempre il Sidereus Nuncius, oggetto del desiderio a livello globale.
Questo testo è in effetti una pietra miliare della Storia dell’Uomo: l’opera si presenta modestamente, come un libretto di sole 24 pagine, nelle quali però Galileo, in latino, parlando agli studiosi di tutta Europa, provò che la visione del cosmo secondo il sistema Aristotelico-Tolemaico era necessariamente errata. Nel 1609 Galileo si era procurato una lente, proveniente dall’Olanda, con cui aveva potuto costruire il suo famoso telescopio e avviare una campagna di osservazioni empiriche del cielo. Allora professore di matematica a Padova, Galileo aveva potuto constatare con i suoi stessi occhi che, contrariamente all’idea di corpo liscio fornita dalla filosofia di allora, la luna è sferica e ha montagne e crateri: nel volumetto si trovano belle incisioni che mostrano le prime “immagini” del nostro satellite. Aveva visto stelle invisibili a occhio nudo, aveva osservato la Via Lattea. E, soprattutto, aveva “scoperto” quattro “nuovi” pianeti, i satelliti di Giove, di cui aveva “annunciato” l’esistenza, chiamandoli “stelle Medicee” in onore dei suoi patroni fiorentini, da cui sperava di ottenere finanziamenti e protezione.
Come tutti sappiamo, a causa dei suoi scritti, nel 1633 Galileo andò a processo a Roma e fu costretto ad abiurare quelle che erano lampanti evidenze, avvalorate dall’osservazione diretta. Il suo magistero, però, aprì la strada allo sviluppo delle moderne teorie astronomiche e a quella che è la nostra attuale conoscenza dell’universo. Il Sidereus Nuncius, quel libriccino di 24 pagine in latino, è oggi uno dei prodotti più preziosi nella storia della tipografia. Il suo prezzo si aggira sul mercato antiquario intorno agli 800,000 euro, ma il suo valore per la nostra identità di Europei è inestimabile. Per questo ci si augura che, dopo tante pene e peripezie (sue e del suo autore), l’opera possa (ri)trovare finalmente pace, riconquistando il suo posto, ben custodita nelle Biblioteche nazionali dei principali Stati dell’Unione.