A cura della Redazione Biblioteca
Il più antico poema didascalico giunto fino a noi nella tradizione occidentale – Le opere e i giorni del poeta greco Esiodo, attivo con tutta probabilità nel VII secolo a.C. – ci offre una profonda riflessione filosofico-mitologica intorno ai concetti di lavoro e giustizia e al loro rapporto con lo sviluppo e il progresso dell’umanità. A partire da qui l’idea del lavoro (e del suo rapporto con la società, l’economia, la legge) ha interessato la riflessione di tutta la nostra cultura.
Tra le migliaia di volumi che costituiscono il fondo storico della nostra biblioteca, appartenuti al Professor Cesare Grassetti e da lui amorevolmente custoditi e “marchiati” con il proprio ex libris, rigorosamente numerato, abbiamo scelto il nr. 3595, un titolo che ci è piaciuto perché sottolinea come il mestiere dell’avvocato – e in particolare di un avvocato giuslavorista – affondi le proprie radici nella Storia del pensiero, quella con la ‘S’ maiuscola, e da questa tragga linfa vitale. Per questo motivo il libro, pur ormai ingiallito dal tempo e quasi dimenticato, trova spazio a buon diritto tra i nostri scaffali.
Il volume di Battaglia, dedicato alla Filosofia del lavoro, ripercorre il tema attraverso i secoli. Per fare qualche esempio possiamo ricordare il concetto tipicamente latino e quasi intraducibile di otium(che, curiosamente, in italiano ha dato esito ‘ozio’!), che indicava quel “tempo di qualità” in cui il saggio o il poeta potevano “dedicarsi alle cose importanti”, la filosofia e la poesia, le uniche attività (gli unici lavori) in grado di portare non solo felicità al singolo, ma anche stabilità e pacealla collettività. Contrario all’otium è il negotium, l’occupazione resa spesso necessaria dalle contingenze ma pericolosa perché frequentemente priva di meta e di visione; solo quell’attività che permette la compresenza equilibrata di entrambe tali componenti nell’uso del tempo può portare guadagno nella forma migliore per tutti.
Ma – si dirà – un lato pratico ci vuole. E infatti già Quintiliano sottolineava che nemo reperitur qui sit studio nihil consecutus: ‘non troverai nessuno che non abbia ottenuto quello che voleva con il lavoro e l’impegno’. Concetto, questo, come ricorda il Battaglia, che Umanesimo e Rinascimento ereditano e fanno proprio: Leon Battista Alberti, una delle figure più illustri del Quattrocento – architetto (suo è il progetto di palazzo Rucellai a Firenze, tanto per intenderci), scrittore, matematico, crittografo, linguista, musicista e chi più ne ha più ne metta – sosteneva che “pensando, investigando, adunando, componendo e commentando e accomodando, alla posterità nostra, fatiche e vigilie” potremo raggiungere i risultati che desideriamo in tutti i campi applicativi.
Nei secoli successivi, ovviamente, altri hanno scritto e pensato: Riforma, Contro-Riforma, Illuminismo, Idealismo, Socialismo storico e tutte le grandi correnti di pensiero filosofico-politico del Novecento hanno aggiunto elementi a una discussione che non è possibile condensare in poche righe, ma il tutto si trova ben spiegato nel volume, che è disponibile alla consultazione, anche per il pubblico esterno (per info: biblioteca@trifiro.it).
E tuttavia, prima di chiudere, ci piace notare ancora un aspetto: in tutto il testo l’unico punto in cui Grassetti ha lasciato traccia delle sue note, sottolineando con forza diversi passaggi, è nel capitolo intitolato L’unità logica del concetto di lavoro, proprio dove si dice che “c’è un’attività, in cui pur si esplica lo spirito e che non è il lavoro, ed è il gioco”. In altre parole, il gioco è fatto, ontologicamente, della stessa sostanza del lavoro, ma da questo è distinto perché viene svolto senza sforzo o, meglio, perché lo sforzo è mascherato dal piacere. Vale a dire: il vero segreto – per essere felici e produttivi e portare dunque risultati – è lavorare con piacere; un segreto che nel 1951 Grassetti aveva fermato con la sua matita e che oggi ci riconsegna, più attuale che mai.