Ha impugnato i contratti a progetto, chiedendo (solo) la condanna alla riammissione in servizio, ma non anche al pagamento di differenze retributive: inammissibile un nuovo ricorso relativo alle conseguenze economiche
(Tribunale Milano, 18 aprile 2013, n. 723)
Con un primo ricorso, un lavoratore ha contestato la natura genuina di una successione di rapporti a progetto, limitandosi a chiedere la condanna alla riammissione in servizio, ma senza formulare alcuna domanda in relazione alle pretese conseguenze economiche.
La domanda è stata accolta, il rapporto è stato ripristinato, ma l’azienda ha proposto appello.
Nelle more dell’impugnazione, il lavoratore ha proposto un nuovo ricorso, chiedendo la condanna della società al pagamento di pretese differenze retributive maturate in costanza dei rapporti che, con la precedente sentenza appellata, il Tribunale aveva ritenuto non genuini.
Con la sentenza in commento, pronunciata nell’ambito del secondo giudizio, il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, con la seguente motivazione: “non vi è dubbio …che le domande di natura economica conseguenti all’accertamento dell’illegittimità dei contratti a progetto devono essere proposte nel medesimo giudizio in cui tali contratti vengono impugnati. Deve conseguentemente escludersi che, esaurito un giudizio, si possa nuovamente adire il giudice con autonoma domanda, con la quale si richieda la condanna al pagamento di tali somme configurandosi in tal caso una violazione del principio c.d. del dedotto e deducibile”.
Causa seguita da Tommaso Targa