A cura di Luca Peron
La Conte di Cassazione, con la recente sentenza 25 gennaio 2023, n. 2235, interviene di nuovo a ridefinire i confini dell’utilizzo dei permessi previsti dall’art. 33 della legge n. 104/1992, affermando, in relazione ad un caso in cui il lavoratore doveva svolgere il turno lavorativo notturno, che l’allontanamento le ore diurne dalla casa dell’assistito per svolgere incombenze personali non costituisce abuso.
Conformemente a consolidato orientamento, la Corte di Cassazione afferma che deve essere sempre presente un nesso causale diretto tra l’assenza del lavoratore e l’assistenza al disabile per la quale il permesso è stato richiesto.
Anche se al lavoratore è concesso, nell’arco della giornata di fruizione del permesso, di dedicare un lasso di tempo alle proprie esigenze e bisogni personali, la giornata in cui si usufruisce del permesso deve essere sempre connotata dall’effettiva prestazione dell’assistenza al familiare disabile, non potendo il permesso essere utilizzato in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal lavoratore per la detta assistenza.
Ne consegue che il lavoratore che usa i permessi per svolgere attività diverse da quelle di assistenza si rende colpevole di un abuso di diritto ai danni del datore di lavoro, della collettività e dello Stato che, previa contestazione disciplinare, potrebbe persino essere sanzionato con il licenziamento.
Fatte queste premesse generali di carattere normativo e giurisprudenziale, nel caso in commento il lavoratore aveva impugnato il licenziamento irrogatogli per essere risultato accertato (a seguito di controllo investigativo disposto dal datore di lavoro) che durante la giornata di fruizione del “permesso 104” si era assentato dal domicilio dell’invalida cui doveva prestare assistenza dalle 9,30 alle 13,30 e poi dalle 17,00 alle 19,23 (praticamente tutta la giornata) per svolgere incombenze personali non correlata alla cura dell’assistita.
Sia il giudice di primo grado, sia quello dell’appello avevano rigettato le domande del lavoratore, affermando che il licenziamento era legittimo, avendo il lavoratore abusato con la sua condotta dell’istituto dei “permessi 104”.
Il lavoratore non si è dato per vinto ed ha proposto ricorso in cassazione evidenziando che il giorno in cui aveva fruito del “permesso 104” era stato assegnato al turno notturno (dalle 22,00 alle 6,00) e precisando che aveva chiesto di beneficiare del permesso poiché doveva prestare assistenza all’invalida proprio nelle ore notturne, essendo rientrato presso il proprio domicilio (lo stesso dell’invalida assistita) alle 19,43 (circostanza che, in effetti, risultava accertata nei precedenti gradi di giudizio) e che, da allora, non si era più mosso fino al mattino successivo.
Osservava il lavoratore che, pertanto, aveva prestato assistenza all’invalida per tutte le otto ore in cui avrebbe dovuto svolgere la sua attività lavorativa (turno notturno), utilizzando il permesso in maniera, soggiungendo che per verificare se si fosse verificato un abuso del permesso, la legge n. 104 del 1992 dovesse essere interpretata nel senso di tenere in considerazione il periodo (arco temporale) in cui avrebbe dovuto prestare l’attività lavorativa.
Nel decidere il caso la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui, per verificare la corretta fruizione del “permesso 104”, occorre tenere conto anche delle modalità con le quali la prestazione viene resa ed in particolare dei tempi della stessa, nonché della circostanza che, trattandosi di turno notturno, durante le ore diurne nessuna prestazione lavorativa poteva comunque essere richiesta al lavoratore.
Sulla corta di tale principio di diritto, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che la Corte di appello avesse violato la legge laddove aveva erroneamente ritenuto che l’essersi allontanato dal domicilio dove si trovava l’invalida da assistere nelle ore diurne costituisse uno sviamento della funzione assistenziale del “permesso 104”.
In sintesi, alla luce della sentenza in commento, d’ora in avanti per valutare la corretta fruizione dei “permessi 104” (e correlativamente le situazioni di abuso del medesimo, suscettibili di essere sanzionate disciplinarmente), occorrerà tenere in debita considerazione (unitamente a tutte le altre circostanze già individuate dalla giurisprudenza) anche i tempi e la collocazione oraria della mancata prestazione lavorativa durante la giornata di permesso.