Le principali novità in materia di somministrazione e contratto a termine del DDL “Collegato Lavoro”

Le principali novità in materia di somministrazione e contratto a termine del DDL “Collegato Lavoro”

A cura di Ilaria Pitingolo

È stato approvato dalla Camera dei deputati il DDL “Collegato Lavoro” e ora si attende il via libera (o meno) del Senato per la futura trasposizione in Legge.

Intervenendo, tra le altre cose, sulla disciplina dei contratti di somministrazione e a termine, il DDL propone di ampliare l’esclusione dal computo del c.d. limite di contingentamento – pari al 30% dei lavoratori a tempo indeterminato, salve diverse previsioni della Contrattazione Collettiva – alla somministrazione a termine di: i) lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia di somministrazione, ii) lavoratori con più di 50 anni, iii) lavoratori ingaggiati per particolari esigenze (attività stagionali o spettacoli, start-up, fase di avvio di nuove attività e sostituzione di lavoratori assenti).

I limiti di durata della missione a termine presso l’utilizzatore (24 mesi) vengono nuovamente estesi anche al caso in cui tra l’Agenzia di somministrazione e il lavoratore vi sia un contratto a tempo indeterminato. È previsto che, in caso di impiego di lavoratori disoccupati – che godano da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione o di ammortizzatori sociali – e “svantaggiati o molto svantaggiati” operi un’esenzione dall’obbligo di indicazione delle causali, fermo il limite massimo di durata temporale.

Nell’ottica di agevolare la flessibilità, il DDL interviene poi con una norma di interpretazione autentica a chiarire come rientrerebbero nelle attività stagionali (non soggette alle regole connesse allo stop and go) oltre a quelle indicate dal D.P.R. n. 1525/1963 le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o connesse a cicli stagionali, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro ivi compresi quelli già sottoscritti alla (eventuale) data di entrata in vigore della Legge. La novità consiste nell’ampliare con effetto retroattivo la latitudine del concetto di stagionalità conferendo ai testi dei Contratti Collettivi già in vigore “una portata non sempre prevista esplicitamente dai medesimi” (così il Dossier al DDL del 20 settembre 2024 n. A.C. 1532-bis-A).

Dal punto di vista della gestione del rapporto di lavoro, ad integrazione della disciplina introdotta con il c.d. Decreto Trasparenza, viene proposto che la durata del periodo di prova del contratto di lavoro a termine sia fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto. In ogni caso, per i contratti di durata fino a 6 mesi il periodo di prova non potrà essere inferiore a 2 giorni né superiore a 15 giorni, mentre, per i contratti di durata superiore, fermo il limite minimo di 2 giorni, la prova non potrà eccedere i 30 giorni. In pratica, ad esempio, se un contratto a termine fosse stabilito per la durata complessiva di un mese il periodo di prova dovrebbe essere pari a 2 giorni. La proposta normativa, secondo una tecnica legislativa ormai nota, fa salve le previsioni più favorevoli della Contrattazione Collettiva. Non resta dunque che vedere – se la norma dovesse passare al vaglio del Senato – come le Parti Sociali accoglieranno l’invito alla regolamentazione del patto di prova.

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