La componente variabile della retribuzione nel nuovo ccnl dirigenti industria

La componente variabile della retribuzione nel nuovo ccnl dirigenti industria

A cura di Tommaso Targa

Il nuovo art. 6 bis, introdotto dall’accordo di rinnovo del CCNL Dirigenti Industria del 13 novembre 2024, dispone quanto segue: “Le imprese devono adottare sistemi di retribuzione variabile collegati ad indici o risultati. Dell’applicazione di questi e di altri sistemi di retribuzione per obiettivi, di norma annualmente, le aziende informeranno la R.S.A. dei dirigenti, ove presente, circa i criteri e le modalità di attuazione e daranno seguito ad un incontro ove espressamente richiesto. In ogni caso, i sistemi di retribuzione variabile collegati ad indici o risultati devono computare, ai fini della determinazione del compenso, i periodi di congedo di maternità e paternità obbligatori e di congedo parentale”. L’introduzione di questa norma fa sorgere una serie di questioni interpretative.

Anzitutto, dal tenore letterale della disposizione contrattuale (utilizzo del verbo “devono”), sembra che quest’ultima abbia introdotto un obbligo di adottare sistemi di retribuzione variabile per obiettivi. Tuttavia, essa presenta aspetti di genericità, apparendo poco più che programmatica: non a caso nella seconda parte della norma si rinvia a un auspicabile confronto con le RSA dei dirigenti ove presenti (questo rinvio non pare però sufficiente a risolvere le problematiche applicative, essendo poche le aziende ove sono presenti le RSA dei dirigenti). In assenza di disposizioni transitorie nell’accordo collettivo 13 novembre 2024, la doverosità dell’introduzione di una componente variabile della retribuzione dei dirigenti riguarda tutti: sia coloro che saranno assunti o promossi in futuro, sia coloro che già sono in forza.

In secondo luogo, la norma pattizia non definisce i criteri di determinazione della componente variabile della retribuzione. Essi sono pertanto rimessi alla negoziazione individuale o ad accordi collettivi aziendali. L’unica indicazione riguarda il fatto che la retribuzione variabile deve essere un MBO, ossia collegata ad indici di produttività o ai risultati. In assenza di specificazione, i risultati possano essere sia aziendali che individuali. Ovviamente, affinché la norma sia rispettata, è necessario che il compenso variabile non sia talmente modesto da poter essere considerato simbolico. Tenuto conto dell’assenza di indicazioni al riguardo, sembra anche consentito stabilire una retribuzione variabile legata a obiettivi pluriennali, così come a periodi più brevi di un anno, purché non si tratti di compensi sostanzialmente una tantum in quanto legati a un singolo progetto e non ripetibili.

Viene infine da chiedersi se i criteri debbano essere identici per tutti i dirigenti dell’azienda. Poiché la norma richiede il necessario intervento di un accordo individuale, la componente variabile della retribuzione e i relativi criteri di quantificazione possono essere personalizzati. Ciò è coerente con la ratio della retribuzione variabile, la quale è aggiuntiva rispetto alla retribuzione base e ha un carattere premiale; quindi, deve necessariamente premiare (solo) i più meritevoli. D’altro canto, non essendo previsto nel nostro ordinamento un principio di parità retributiva, fermo il divieto di discriminazione, non sarebbero incompatibili con la disposizione di che trattasi accordi individuali in base ai quali la percentuale del variabile cambia a seconda del dirigente, oppure della sua posizione più o meno apicale.

 

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