Di Marina Tona e Noemi Spoleti
L’articolo 16-quater del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 (c.d. Decreto Semplificazioni), ha istituito il codice alfanumerico unico per l’indicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Il codice alfanumerico unico è un dato, attribuito dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), che identifica il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dall’azienda.
Al riguardo, con la circolare n. 170 del 2021, l’INPS ha precisato che, a partire dalle denunce contributive di competenza del mese di dicembre 2021, i datori di lavoro privati devono riportare il nuovo codice alfanumerico unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Ciò consente la trasmissione dell’informazione relativa a ciascuno degli oltre 900 contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti e depositati nell’Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro di cui all’articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936.
L’obiettivo della misura è il contrasto al fenomeno del dumping contrattuale, che ha favorito la diffusione di contratti collettivi c.d. “pirata”, in quanto sottoscritti da Parti Sociali scarsamente rappresentative e caratterizzati da condizioni economiche e normative peggiorative.
Al fine di consentire una graduale transizione verso la nuova modalità di valorizzazione del dato relativo al CCNL, è previsto un bimestre transitorio in cui sarà ancora possibile utilizzare i vecchi codici, pertanto, la misura sarà pienamente operativa a partire dalla competenza di febbraio 2022.
Qui la circolare Inps consultabile: clicca qui
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