Privacy sul posto di lavoro e controlli del datore: una questione di equilibrio

Privacy sul posto di lavoro e controlli del datore: una questione di equilibrio

A cura di Jacopo Moretti

Nel contesto attuale, profondamente segnato dalla digitalizzazione, stabilire un equilibrio tra la prerogativa del datore di lavoro di monitorare le attività dei suoi dipendenti e il diritto alla riservatezza dei lavoratori si sta rivelando un compito sempre più delicato. Una recente decisione della Corte di Cassazione ha portato all’attenzione il modo in cui i “controlli difensivi” – ossia gli accertamenti effettuati dal datore di lavoro per individuare potenziali comportamenti illeciti dei dipendenti – andrebbero gestiti per bilanciare la tutela del patrimonio aziendale con il diritto dei lavoratori alla privacy.
1 – Il caso. Un dirigente bancario veniva licenziato a seguito di tre contestazioni disciplinari, tra cui presunte relazioni con concorrenti e presunte malattie simulate. Tuttavia, le prove di queste accuse venivano raccolte attraverso il monitoraggio della posta elettronica aziendale e il pedinamento. Il dirigente impugnava il licenziamento. Sia il Tribunale di Milano che la Corte di Appello di Milano dichiaravano illegittimo il licenziamento, con condanna della società a pagare al dirigente una serie di indennità. In particolare, la Corte d’Appello evidenziava l’assenza di proporzionalità e garanzie procedurali nel comportamento della società, in quanto:
I) il controllo datoriale aveva riguardato indistintamente tutte le comunicazioni presenti nel pc aziendale in uso al dirigente e senza limiti di tempo, dando vita così ad una indagine invasiva massiccia ed indiscriminata non giustificata;
II) la società non aveva fornito la prova di aver preliminarmente informato il lavoratore della possibilità che le comunicazioni che effettuava sul pc aziendale avrebbero potuto essere monitorate, ovvero del carattere e della portata del monitoraggio o del livello di invasività nella sua corrispondenza;
III) la società non aveva rispettato il regolamento interno dalla medesima predisposto sull’utilizzo della posta elettronica.
La società ha proposto ricorso in cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano.

2 – La decisione della Cassazione. Con sentenza n. 18168 del 26 giugno 2023 la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della società, ritenendo che la Corte d’Appello di Milano avesse applicato correttamente i principi giuridici sui controlli difensivi e valutato in modo adeguato le circostanze specifiche del caso concreto.

3 – I punti chiave della decisione. Attraverso la sentenza sopra menzionata la Corte di Cassazione chiarisce le regole sui controlli difensivi, affermando che:
I) tali controlli devono essere mirati e attuati solo dopo un sospetto concreto di comportamenti illeciti;
II) importante è anche il rispetto della dignità del lavoratore, con la necessità di bilanciare questo aspetto con la protezione degli interessi aziendali;
III) al datore di lavoro spetta l’onere di provare le circostanze specifiche che giustificano il controllo;
IV) inoltre, le informazioni acquisite devono rispettare le normative sulla protezione della privacy. Se non viene dimostrato il contrario, tali dati sono inutilizzabili in un procedimento disciplinare.

4 – Implicazioni e raccomandazioni finali. È importante sottolineare che i principi affermati dalla Corte di Cassazione non proibiscono al datore di lavoro di effettuare i controlli difensivi. Ma c’è un aspetto cruciale: occorre prevenire ed evitare che questioni di forma si trasformino in questioni sostanziali che possono mettere a rischio la validità di un licenziamento anche quando ci sono stati comportamenti illeciti del dipendente. Per farlo, è necessario adottare preventivamente azioni appropriate, avvalendosi di un adeguato supporto legale.

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