![Rapporti affettivi e lavorativi](https://www.trifiro.it/wp-content/uploads/2022/10/trifiro_ritratti_articoli_andrea_beretta_10376.jpg)
A cura di Andrea Beretta
Prestazione lavorativa della ex convivente more uxorio: rapporti affettivi e subordinazione (Corte di Cassazione, 11 aprile 2024, n. 9778)La Corte d’Appello di Roma aveva confermato la decisione di primo grado di condanna del titolare di un’azienda al pagamento, in favore della ex convivente, della somma alla medesima spettante a titolo di retribuzione ed al risarcimento del danno da omessa contribuzione, in relazione all’attività prestata nell’esercizio commerciale dell’ex compagno.
La Suprema Corte, da quest’ultimo investita della questione, rigettava l’impugnativa.
In punto, gli Ermellini, innanzitutto, ribadivano il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, potendo, però, essere ricondotta ad un rapporto diverso, istituito “affectionis vel benevolentiae causa“, caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà, in luogo di quella lucrativa (Cass. n. 7703/2018, Cass. n. 7917/2015, Cass. n. 11089/2012, Cass. n. 1833/2009, Cass. n. 3602/2006). Evidenziavano, inoltre, che, in punto di accertamento della natura subordinata del rapporto reso nell’ambito di convivenza more uxorio, occorre muovere dalla considerazione che le unioni di fatto, quali formazioni sociali rilevanti ex art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale, di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale e si configurano come adempimento di un’obbligazione naturale, ove siano rispettati i principi di proporzionalità ed adeguatezza. Ne consegue che, in un tale contesto, l’attività lavorativa e di assistenza svolta in favore del convivente more uxorio assume una siffatta connotazione quando sia espressione dei vincoli di solidarietà ed affettività di fatto esistenti, alternativi a quelli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, quale il rapporto di lavoro subordinato, benché non possa escludersi che, talvolta, essa trovi giustificazione proprio in quest’ultimo, del quale deve fornirsi prova rigorosa (Cass. n. 1266/2016).
Sulla base di tali principi, la Suprema Corte affermava che la sentenza impugnata aveva ampiamente argomentato con riferimento alle risultanze istruttorie in ordine alle ragioni che escludevano la gratuità della prestazione, in particolare valorizzando la quotidiana e costante presenza della ex convivente presso la struttura del compagno, il suo pieno inserimento nella relativa gestione amministrativo-contabile e nella organizzazione del lavoro, anche implicante la spendita di specifiche competenze professionali. Ed era proprio il carattere assorbente delle energie dedicate dalla ex convivente – pienamente inserita nella organizzazione dell’azienda, di intensità tale da precluderle lo svolgimento di autonoma attività lavorativa – a giustificare le conclusioni attinte dalla Corte d’Appello in punto di non gratuità dell’attività espletata. Infine, i Giudici di legittimità precisavano che l’accertamento dell’eterodirezione deve essere calato nello specifico contesto del rapporto sentimentale e di convivenza more uxorio, instauratosi tra le parti del giudizio, alla stregua del quale il concreto apprezzamento della natura subordinata del rapporto deve tenere conto che l’elemento della eterodirezione si esprime in forma attenuata, senza necessità di una sua estrinsecazione in ordini specifici e dettagliati, essendo sufficiente a sostanziare la natura subordinata del rapporto di lavoro il pieno e stabile inserimento della ex convivente nella organizzazione di lavoro dell’ex compagno e l’assenza in capo alla stessa di autonomia gestionale, come correttamente accertato dal Giudice del merito.