Rapporto di lavoro: codatorialità nei gruppi d’impresa

Rapporto di lavoro: codatorialità nei gruppi d’impresa

Approfondimento a cura dell’Avv. Damiana Lesce


Con la sentenza n. 26170 del 25.09.2025 la Corte di Cassazione ha affermato che più aziende di un gruppo sono considerate un unico datore di lavoro, e quindi debbono essere considerate solidalmente responsabili nei confronti del lavoratore, se condividono la gestione del rapporto ed utilizzano in modo promiscuo la prestazione del dipendente. Ciò anche in assenza uno schema e/o intento fraudolento.

Il caso. Una lavoratrice ha impugnato il licenziamento irrogatole all’esito di una procedura collettiva, deducendo di aver prestato la propria attività non solo per la effettiva datrice ma anche per altre società appartenenti allo stesso gruppo. La Corte d’Appello ha rigettato la domanda ritenendo non provata l’utilizzazione promiscua della forza lavoro da parte delle diverse società del gruppo. La sentenza è stata però cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma affinché verifichi se sussistono i requisiti della codatorialità alla luce dei principi espressi dalla Cassazione.

Il principio di diritto. Con la sentenza in commento la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “la codatorialità nell’impresa di gruppo presuppone l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale, nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali, secondo le regole generali di imputazione del rapporto all’effettivo utilizzatore della prestazione, ovvero agli effettivi utilizzatori promiscui secondo i principi delle obbligazioni solidali”.

Effettivamente, in un mondo del caratterizzato da strutture societarie sempre più complesse e, quindi, da molteplici e diverse forme di integrazione societaria, può essere un tema l’individuazione del vero datore di lavoro in un contesto giurisprudenziale che estende la tutela del lavoratore nei confronti di tutti i soggetti giuridici coinvolti “lato datoriale” in termini di responsabilità solidale sia con riguardo alle obbligazioni retributive sia con riferimento al tema del licenziamento.

Proprio tenendo conto e partendo dall’analisi di tali fenomeni societari, la Corte di cassazione, con la sentenza in esame, declina i requisiti per identificare un centro unitario di imputazione del rapporto di lavoro: l’unicità della struttura organizzativa e produttiva; l’integrazione delle attività esercitate dalle varie imprese del gruppo con un interesse comune; il coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario tale da ricondurre le diverse attività a un unico soggetto direttivo; l’utilizzazione contemporanea e promiscua della prestazione lavorativa da parte delle diverse società.

In presenza di tali elementi, il lavoratore è di fatto inserito nell’organizzazione economica complessiva del gruppo e, di conseguenza, le diverse società che esercitano i poteri datoriali diventano “datori di lavoro sostanziali” e sono considerate Co-datrici.

Ne consegue che tutte le aziende Co-datrici sono solidalmente responsabili nei confronti del lavoratore; quindi, tutte le società considerate Co-datrici sono obbligate a rispondere per intero delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro ed il lavoratore può chiedere l’adempimento integrale a una qualsiasi di tali società.

Quanto al licenziamento, la Corte ha specificato che le vicende relative al rapporto di lavoro formale non precludono la possibilità di agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di un diverso e più ampio rapporto di lavoro sostanziale con un altro o più datori di lavoro. Pertanto, aver impugnato il licenziamento contro il datore di lavoro formale non impedisce di agire contro il vero datore di lavoro.

La Corte afferma, da ultimo, che codatorialità può sussistere anche in riferimento a gruppi di imprese genuini. Non è necessaria la prova di un’abusiva frammentazione societaria, ma è sufficiente dimostrare l’integrazione economica e funzionale tra le società e l’utilizzo promiscuo della prestazione lavorativa.

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