
a cura di Maria Paola Rovetta
Il caso in esame ha ad oggetto l’impugnazione di un licenziamento per giusta causa intimato al dipendente, il quale trascorreva numerose ore al giorno, nel corso dell’orario di lavoro, a navigare su Internet, a gestire il suo profilo Facebook, ovvero a conversare tramite Whatsapp per questioni solo ed esclusivamente personali. Nel corso del giudizio è stata dimostrata da parte del datore di lavoro, assistito dal nostro Studio, la sussistenza dei fatti contestati, sia documentalmente, sia tramite testimoni. Più precisamente, nel corso del giudizio, è emerso che il dipendente, in soli pochi giorni lavorativi, aveva visionato numerosissime pagine social, oltre a chattare con amici ed a navigare su Internet per procedere ad acquisti personali o a curare interessi propri.
Il Giudice del Lavoro di Varese, con sentenza n. 207 dell’11 giugno 2024, in accoglimento delle argomentazioni sollevate nell’interesse della Società, ha confermato la giurisprudenza ormai consolidata sia di merito, sia di legittimità che ritiene che l’utilizzo del personal computer aziendale per uso personale mediante sistematiche connessioni a Internet giustifica il recesso in tronco da parte del datore di lavoro.
Più nello specifico è stato confermato che la condotta consistente nell’utilizzo reiterato e intenzionale di social e chat da parte del dipendente con il computer aziendale durante l’orario lavorativo, per un periodo di tempo decisamente significativo, costituisce pacificamente un utilizzo indebito dello strumento aziendale.
Detto comportamento è sufficiente a dimostrare la gravità del fatto ed il venir meno dell’elemento fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro subordinato intercorso fra le parti.