Concessione abusiva di credito

Concessione abusiva di credito

A cura di Francesco Autelitano

Con ordinanza n. 1387 del 18 gennaio 2023 la Corte di Cassazione torna sul tema dell’abusiva concessione di credito, in particolare nel caso in cui, a seguito del fallimento del soggetto finanziato, il Curatore Fallimentare contesti alla Banca finanziatrice di aver favorito l’aggravamento del dissesto, imputando alla stessa la responsabilità per il risarcimento dei danni subiti dal tardivo rilevamento della crisi d’impresa; responsabilità concorrente ma autonoma rispetto a quella degli Amministratori che abbiano agito per conto della Società in crisi. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità della Banca, rilevando, anzitutto, che nel giudizio di merito era stato accertato che la stessa aveva continuato a concedere credito al debitore (poi fallito) nonostante fossero carenti i presupposti di merito creditizio, protraendo tale condotta per diversi anni e, così, contribuendo a determinare, sul piano economico, la diminuzione di consistenza del patrimonio sociale e, su quello contabile, l’aggravamento delle perdite per la continuazione dell’attività.
In questo contesto oggettivo, la Suprema Corte ha giudicato sussistente la responsabilità da atto illecito della Banca finanziatrice, per violazione dei doveri dell’operatore bancario e, nello specifico, del fondamentale principio di sana e corretta gestione (a sua volta fondato sia sul Testo Unico Bancario che su norme di fonte europea), nell’ambito del quale si colloca l’obbligo di verificare il merito creditizio del cliente sulla base di informazioni adeguate. La decisione in commento conferma, inoltre, la legittimazione del Curatore Fallimentare ad agire nei confronti dell’Istituto di credito finanziatore, ai sensi degli artt. 1218 e 2043 cod. civ., facendo valere il danno cagionato alla massa dei creditori, quale posizione indistinta e riflessa del pregiudizio al patrimonio sociale, rilevando che questo reca danno a tutti i creditori, i quali vedono, appunto, pregiudicata la garanzia patrimoniale generica e ridotta la chance di soddisfare il loro credito.
La stessa Corte di legittimità aveva già in precedenza espresso il medesimo orientamento, formulando peraltro significative argomentazioni relative al contesto giuridico nel quale si colloca la fattispecie (cfr. Cass., 30 giugno 2021, n. 18610). In particolare, nel precedente citato, la Corte Suprema ha valorizzato l’indicazione del legislatore, che tende a un chiaro favore verso il sostegno finanziario dell’Impresa ai fini della risoluzione delle crisi, tenendo come extrema ratio il fallimento, sul presupposto che ciò sia di maggior utilità per il ceto creditorio nel suo complesso, per la conservazione del valore intrinseco delle aziende nonché per la tutela del lavoro con i suoi importanti riflessi sociali. In tal direzione si muovono le norme che attribuiscono natura prededucibile ai finanziamenti concessi nell’ambito di accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, di accordi di ristrutturazione dei debiti e degli altri strumenti di regolazione della crisi di natura negoziale stragiudiziale (cfr. art. 56 e ss. Codice della Crisi d’Impresa di cui al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). Dunque è da reputarsi certamente lecito l’intervento bancario perfezionato nell’ambito di una delle procedure previste dalla legge (anche in forza del principio di cui all’art. 41 Cost.) ma altrettanto deve ritenersi al di fuori di esse, purchè il finanziamento sia attuato sulla base di documenti, dati e notizie da cui la Banca possa desumere la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito allo scopo del risanamento aziendale, secondo un progetto oggettivo, ragionevole e fattibile. Quanto poc’anzi rilevato consente, a nostro avviso, di descrivere i criteri di condotta della Banca nella gestione dei rapporti con le Imprese in difficoltà economico-finanziaria, riconoscendo il dovere dell’Istituto di credito di agire (i) nell’ambito di una delle procedure tipiche previste dalla legge per la soluzione stragiudiziale della crisi, ovvero (ii) nel caso di operazioni compiute al di fuori di queste, di conformarsi comunque a criteri e principi analoghi, mutatis mutandis, a quelli da esse previsti.
Sul piano applicativo, nell’ambito dei rapporti di cui sopra, risulta quindi opportuna, nell’ottica dell’azione sia degli Amministratori della Società finanziata che dell’Istituto di credito, la redazione di un piano economico-finanziario idoneo a consentire alla Banca di valutare, ex ante, che il finanziamento concesso sia coerente con una fondata prospettiva di risanamento dell’Impresa. Con la conclusione significativa (già rilevabile dalla citata Cass. n. 18610/2021) per cui il fatto che l’Impresa finanziata possa successivamente essere dichiarata fallita non comporterebbe responsabilità della Banca, che, viceversa, può prospettarsi nel caso in cui il finanziamento sia stato erogato con colpa.

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