Corte d’appello di Napoli – sentenza 30.1.2023 n. 390

Corte d’appello di Napoli – sentenza 30.1.2023 n. 390

A cura di Bonaventura Minutolo

“Contratto di conto corrente – Forma scritta – criterio di applicazione del disposto dell’art. 117 D.lgs 385/1993 e 117 TUB”.
Ad avviso della Corte partenopea la mancata sottoscrizione del documento contrattuale, da parte del rappresentante della banca, è in ogni caso superato nel momento in cui si possa rilevare l’intento della stessa di avvalersi del contratto tramite manifestazione di volontà esternate nel corso del rapporto di conto corrente, rinvenibili anche dagli estratti conto inviati al cliente (e quanto si dedurrebbe dalla citata normativa).
Nella fattispecie concreta esaminata, il giudice di prime cure aveva ritenuto provato, nel suo esatto ammontare, il credito della Banca (azionato in via monitoria nei confronti del correntista) in quanto l’Istituto aveva prodotto il contratto di conto corrente contenente tutte le condizioni applicate e l’estratto conto certificato, conforme alle scritture contabili ai sensi dell’art. 50 del D.lgs n. 385/1993, e, con la comparsa di costituzione (in sede oppositiva), aveva allegato gli estratti conto riportanti tutte le operazioni effettuate, gli addebiti, gli accrediti ed i tassi di interesse applicati, attivi e passivi, dalla data di inizio del rapporto a quello della sua chiusura. In sede di gravame, il correntista ribadiva l’eccezione di nullità del contratto per l’assenza di sottoscrizione, nonché la nullità dei contratti collegati a quello ordinario, ossia: il conto anticipi e quello di sconto effetti per mancanza di prova scritta.
Trascuriamo gli ulteriori tre motivi del gravame, che non riguardano il tema affrontato nella presente nota.
Quanto ai motivi enunciati, dunque, è d’uopo rilevare anche la circostanza che l’eccezione di nullità era stata sollevata nel corso del giudizio, a trattazione avvenuta.
Sennonché, è il caso di preliminarmente sottolineare che la nullità, per la carenza di forma scritta ad substantiam, ex art. 117 TUB, comma 1 e 3, è insuscettibile di deroga, non potendo essere surrogata nemmeno dalla confessione (Cass. 31.01.2022, 2855), sicché essa è rilevabile d’ufficio.
Il percorso motivazionale della decisione in esame muove dalla premessa secondo cui la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte del rappresentante della banca è in ogni caso superato, nel momento in cui si possa rilevare l’intento della banca di avvalersi del contratto stesso tramite manifestazione di volontà esternata nel corso del rapporto di conto corrente, rilevabile anche dagli estratti conto inviati al cliente. Ciò premesso, leggesi nella sentenza “che la banca aveva prodotto in giudizio il contratto di conto corrente sottoscritto dal cliente ed anche la comunicazione di apertura del conto corrente inoltrata al cliente e da questi non negata (pag. 9 atto di appello), oltre agli estratti riferiti all’intero rapporto intrattenuto. Pertanto, insussistente sarebbe l’eccezione di nullità del contratto posto a base del reclamato credito.
A nostro avviso la statuizione richiede una riflessione anche se il contratto di conto corrente, come si legge nella motivazione della sentenza, fosse stato firmato dal cliente, mentre, per la firma della banca, varrebbe il principio affermato dal Supremo Collegio (Cass. 24.03.2016 n. 5919), secondo cui “nei contratti per cui è richiesta la forma scritta, la produzione in giudizio da parte di chi non l’ha sottoscritta, equivale alla sottoscrizione mancante”. La Cassazione, con sentenza 5.6.2014 n. 12711, precisa che, per il perfezionamento dell’accordo è necessario non solo che la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa dei contraenti che non l’ha sottoscritta, ma anche che l’atto sia prodotto per invocare l’adempimento di una obbligazione da esso scaturente. In generale, il ragionamento a sostegno di tale indirizzo si riassume in ciò che la produzione in giudizio da parte del contraente, che non ha sottoscritto la scrittura, realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto; perfezionamento che non può verificarsi se non ex nunc, e non ex tunc (ed infatti il contratto formale intanto si perfeziona ed acquista giuridica esistenza, in quanto le dichiarazioni di volontà che lo creano siano state per l’appunto formalizzate).
Da ciò consegue, applicando tale principio al caso di specie, che gli addebiti della Banca correntista, antecedente il perfezionamento formale del contratto di conto corrente, non potrebbero essere regolati dalle particolari pattuizioni del contratto ed atti ad essi collegati.
L’eccezione di nullità, verosimilmente, potrebbe palesemente prospettarsi soltanto a decorrere dalla produzione del contratto, senza pertanto poter retroagire, come nella specie, a tutto il periodo antecedente la produzione del documento, avvenuta, si ripete, nel corso del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.
E’ superfluo aggiungere che l’eccezione di nullità, svolta nel corso del giudizio, in quanto rilevabile d’ufficio non potrebbe ostacolare l’indagine del giudice circa la verifica nella validità e sussistenza del contratto di conto corrente e di quelli ad esso collegati, solo in presenza del principio dell’unicità negoziale, stabilita in relazione al collegamento fra i tre rapporti (conto corrente, conto anticipo etc., Cass. Civ. 5 maggio 2022 n. 14321).
Nella prassi bancaria, predica la sentenza, possono costituirsi, in capo al medesimo cliente, sia un ordinario conto corrente di corrispondenza, sia un diverso conto transitorio ad esso collegato, denominato frequentemente come conto anticipi, salvo buon fine, od altre espressioni analoghe, in esecuzione di un’operazione di anticipazione di effetti. I diversi conti possono presentarsi, dunque, come avvinti da nessi funzionali reciproci, oppure come del tutto indipendenti.
Siamo, come si vede, in un ambito assai complesso, per cui, limitando il discorso al rapporto di conto corrente (quello fondamentale e principale), l’assunto della Corte partenopea richiede una riflessione sul punto fondamentale della questione, vale a dire sugli effetti della produzione in giudizio di un contratto non sottoscritto dall’Istituto bancario, la cui la nullità, ex lege, se sanabile con la produzione in giudizio del contratto, lascerebbe aperta la questione circa la sua retroattività (effetti ex nunc), la qualcosa non potrebbe validare operazioni contabili eseguite precedentemente al perfezionamento del contratto.
Circa gli effetti ex nunc (e non ex tunc) della produzione in giudizio del contratto, la giurisprudenza (vedi Cass. 24.3.2016 n. 5919 cit.) propende per la prima ipotesi.

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