Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato secondo un sistema tabellare cd. a punti (Corte di Cassazione 7 ottobre 2024 n. 26185)

Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato secondo un sistema tabellare cd. a punti (Corte di Cassazione 7 ottobre 2024 n. 26185)

A cura di Michela Casula

La vicenda traeva origine dalla morte di Tizio, a causa di mesotelioma pleurico contratto per le inalazioni di amianto subite durante il lavoro prestato come addetto a carico-scarico e movimentazione merci. I parenti di Tizio facevano causa alla società Alfa, ex datrice di lavoro dello stesso Tizio, per il riconoscimento e la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale.

In primo grado, il Tribunale di Venezia accoglieva parzialmente le domande proposte dalla moglie (che, nel corso del processo, decedeva) e dalle figlie, nonché dai nipoti di Tizio, mentre rigettava quelle formulate dai fratelli di quest’ultimo.

In accoglimento parziale del gravame proposto, la Corte di Appello di Venezia incrementava il risarcimento dovuto alle eredi della moglie di Tizio, mentre confermava per il resto la sentenza gravata. In particolare, respingeva tanto l’appello dei fratelli della vittima, con cui detti soggetti avevano lamentato il mancato riconoscimento di un diritto risarcitorio, stante la genericità delle deduzioni dei medesimi, ritenute inidonee a dimostrare il rapporto affettivo compromesso; quanto l’appello incidentale di Alfa, con la quale quest’ultima si doleva sia della mancata considerazione della breve durata della sopravvivenza della vedova (poco più di dieci mesi) ai fini del calcolo del risarcimento ad essa spettante, sia della liquidazione del danno da perdita parentale in favore dei nipoti del defunto. Il rigetto dell’appello incidentale era motivato sulla base dell’assunto che la liquidazione era avvenuta in modo corretto in applicazione del sistema tabellare a punti variabili, il quale postula l’esistenza del rapporto parentale – nella specie indiscusso – con possibilità di incremento in caso di allegazione e dimostrazione di circostanze ulteriori a riprova del legame particolare del parente superstite col defunto.

Uno dei fratelli del defunto e gli eredi dell’altro fratello (nel frattempo, a sua volta, deceduto) proponevano, quindi, ricorso per cassazione contenente un unico motivo di censura, a fronte del quale Alfa articolava controricorso contenente anche ricorso incidentale, articolato in quattro motivi.

La Suprema Corte, nel decidere i ricorsi, ha enunciato i seguenti principi:

1)        in tema di liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, nel caso in cui si tratti di congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (e cioè coniugi, genitori, figli, fratelli e sorelle) la perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto può essere presunta in base alla loro appartenenza al medesimo “nucleo familiare minimo”, nell’ambito del quale l’effettività di detti rapporti costituisce tuttora la regola, nell’attuale società, in base all’id quod plerumque accidit, fatta salva la prova contraria – anche presuntiva – da parte del convenuto (in termini, cfr.: Cass. 21 marzo 2022, n. 9010; Cass. 11 novembre 2019, n. 28989; Cass. 15 febbraio 2018, n. 3767);

2)        al fine di garantire sia un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, sia l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti e la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, da valutarsi, comunque, in ragione della particolarità e della eventuale eccezionalità del caso di specie (cfr., tra le altre: Cass. 11 aprile 2022, n. 11689; Cass. 10 novembre 2021, n. 33005);

3)        ai fini di quanto sub 2), sono considerate adeguate le tabelle elaborate presso la Corte di appello di Roma e quelle presso il Tribunale di Milano nella versione aggiornata a partire dall’anno 2022;

4)        la sofferenza morale, non la lesione della relazione interpersonale, costituisce assai frequentemente l’aspetto più significativo del danno da perdita del rapporto parentale (cfr., tra le altre: Cass. 29 settembre 2021, n. 26301; Cass. 13 maggio 2020, n. 8887), a differenza di quanto avviene in caso di danno da compromissione del rapporto parentale dovuto a macrolesione del congiunto rimasto in vita, caso nel quale è la vita di relazione a subire profonde modificazioni in pejus. Pertanto, mentre per il danno dinamico/relazionale la durata della vita residua del danneggiato ha una incidenza tale per cui l’entità delle conseguenze pregiudizievoli che occorre risarcire cresce in proporzione diretta alla durata della vita residua del danneggiato (perché fenomenicamente quelle conseguenze inevitabilmente si moltiplicano nell’esplicarsi delle attività della vita quotidiana), per il danno parentale, nella sua componente preminente di lutto e dolore interiore, la sofferenza da risarcire ha una dimensione atemporale che la fa avvertire nella sua massima intensità nel tempo immediatamente successivo all’evento e che col tempo è destinata, non certo a scomparire, ma a “cambiare” e farsi compagna di vita; il protrarsi più o meno a lungo di tale sofferenza interiore non la fa crescere, ma solo la fa vivere più a lungo, il che è elemento da apprezzare ai fini del calcolo, in aumento, del risarcimento, ma in misura diversa e più limitata rispetto a quanto occorre fare per l’altro tipo di danno.

In ragione dei suddetti principi, la Corte di Cassazione:

(i)        accoglieva il ricorso principale, per aver la sentenza gravata negato il risarcimento ai fratelli della vittima totalmente obliterando il valore presuntivo ascrivibile ex se allo stretto vincolo formale di parentela che li legava alla vittima, in mancanza di alcuna allegazione o emergenza contraria idonea a far venir meno la presunzione di fatto da esso derivante;

(ii)       accoglieva il primo motivo di ricorso incidentale (ritenendo assorbiti il secondo e terzo, riguardanti la medesima doglianza), inerente all’omessa valorizzazione, ai fini della liquidazione del relativo danno, della limitata sopravvivenza della moglie di Tizio dopo la morte di quest’ultimo. Secondo i criteri del calcolo a punto, come tradotti nelle tabelle romane, infatti, l’elemento della durata della sopravvivenza del congiunto è congruamente valorizzato attribuendo un punto aggiuntivo decrescente al crescere dell’età del congiunto medesimo: punto aggiuntivo evidentemente rapportato alla supposta residua durata della vita del congiunto, a sua volta calcolata in base alle statistiche di vita media. Nella specie, la sentenza impugnata non aveva applicato correttamente le tabelle romane, attribuendo in particolare un numero di punti (due) superiore a quello previsto dalle menzionate tabelle (uno) per il caso di congiunti di età superiore ad anni 81;

(iii)      dichiarava inammissibile l’ultimo motivo di ricorso incidentale, avente ad oggetto la censura mossa al riconoscimento del danno ai nipoti di Tizio, dal momento che la Corte di Appello si era invero conformata sul tema al richiamato principio che attribuisce al vincolo formale di parentela (e dunque anche a quello che esiste tra nonno e nipote) già di per sé valore di elemento presuntivo della sussistenza del danno.

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