La vicenda giudiziaria riguarda un rapporto di appalto, in relazione al quale il committente Alfa e l’appaltatore Beta litigavano sull’entità delle opere, sulla loro corretta e tempestiva esecuzione, nonché, soprattutto, in ordine al totale degli acconti corrisposti medio tempore da Alfa, che avrebbero dovuto essere detratti dal saldo finale.
Stante la presenza nel contratto di una clausola compromissoria, era instaurato un arbitrato, all’esito del quale Alfa era condannata al pagamento delle somme richieste da Beta. Per quanto qui rileva, il lodo accertava la decadenza di Alfa dalla facoltà di provare il pagamento di parte delle somme domandata dalla controparte, di cui aveva offerto prova oltre i termini fissati dagli arbitri per deduzioni ed istanze istruttorie. Inoltre, gli arbitri ritenevano di non poter prendere in esame né l’eccezione di inadempimento formulata da Alfa verso Beta, per essere i lavori stati terminati oltre la data contrattualmente prevista, né la correlata eccezione riconvenzionale di compensazione, con il credito vantato dall’appaltatore, delle penali contrattuali dovute da quest’ultimo per il tardivo completamento dei lavori.
Il lodo era impugnato da Alfa avanti la Corte di Appello di Firenze che, con riguardo ai summenzionati profili, respingeva il gravame. La committente ricorreva, pertanto, in cassazione.
Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha avuto modo di richiamare i seguenti principi:
1) gli arbitri incorrono in violazione del principio del contraddittorio qualora abbiano dichiarato decaduta una parte per il tardivo esercizio della facoltà di proporre quesiti o istanze istruttorie, senza che la convenzione d’arbitrato o un atto scritto separato o il regolamento processuale dagli arbitri stessi predisposto prevedesse la possibilità di fissare termini perentori per lo svolgimento delle attività difensive e senza una specifica avvertenza circa il carattere perentorio dei termini al momento della loro assegnazione (cfr., in termini: Cass. 26 settembre 2018, n. 22994);
2) il principio di libertà di forme, che in generale caratterizza il procedimento arbitrale, se tollera che l’arbitro – ove niente di diverso emerga dalla convenzione di arbitrato – possa assegnare alle parti termini o regole istruttorie a pena di decadenza, non tollera invece che ciò possa avvenire senza un’anteriore precisa informazione alle parti stesse in merito all’andamento del giudizio in tal modo impresso; e ciò vale per qualunque regola alla quale l’arbitro ritenga che vada conformata la condotta delle parti con conseguenze sul processo. E’, dunque, precluso all’arbitro di dichiarare inammissibile un atto o un’istanza o una produzione documentale per inosservanza di un termine, ove la corrispondente attività conformativa non si stata anteriormente prevista come necessaria a pena di inammissibilità e in questa prospettiva resa nota alle parti (cfr.. in termini: Cass. 4 luglio 2023, n. 18772);
3) il lodo pronunziato nel mancato rispetto delle suddette regole è affetto da nullità, considerato che dall’art. 816-bisc.p.c. si ricava che la lesione del contraddittorio sia integrata anche e proprio quando sia stato impedito a una delle parti, senza giustificazione tratta dalle legittime regole del processo arbitrale, di articolare le prove o di avvalersi dei mezzi volti a dimostrare il fondamento della propria tesi.
Sulla base dei suddetti principi, la Suprema Corte ha cassato, pertanto, la sentenza impugnata, ritenendo che:
- A) nella vicenda concreta, la clausola compromissoria non conteneva indicazioni circa la perentorietà dei termini del procedimento, né gli arbitri, nel fissare i termini per la trattazione e l’istruttoria, li avevano qualificati come “perentori”. Pertanto non poteva essere preclusa ad Alfa la produzione di una fattura quietanzata di Beta, nel corso del giudizio arbitrale, a dimostrazione dell’avvenuto saldo di parte del credito avanzato da quest’ultima;
- B) l’eccezione di inadempimento dell’appaltatore Beta, sollevata da Alfa, e la correlata eccezione della stessa committente di vedersi riconoscere in chiave compensativa la penale da detrarre dal dovuto in favore dell’appaltatore non potevano considerarsi tardive, perché non proposte nella prima difesa, ma nella memoria di replica, attesa l’assenza di termini perentori nel procedimento arbitrale di specie.