a cura di Francesco Chiarelli
La Cassazione, con ordinanza n. 21123/2024, ha respinto il ricorso promosso dal lavoratore contro la sentenza della Corte di Appello di Milano che aveva confermato, in linea con la precedente pronuncia del Tribunale di Milano, la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato dalla Società, assistita dallo Studio.
In estrema sintesi, la vicenda:
– nel settore della distribuzione moderna organizzata (DMO) è quotidiano il lancio di offerte per l’acquisto di prodotti ad uso e consumo familiare a prezzo conveniente;
– al riguardo si è constatato il fenomeno dei cd. Accaparratori vale a dire di coloro che acquistano, singolarmente o in gruppo, abnormi quantità di prodotti in offerta per fini diversi dal consumo familiare;
– per contrastare il fenomeno, la Società aveva assunto diverse e mirate iniziative, tra cui l’adozione di specifiche procedure interne alle quali il personale addetto ai punti vendita doveva attenersi;
– il lavoratore in questione, operante con il ruolo di vice direttore e, quindi, con il compito non solo di rispettare tali regole in prima persona ma di farle anche rispettare ai colleghi, in assenza del direttore, disattendeva, sotto diversi profili, le disposizioni aziendali per consentire ai cd. Accaparratori di acquistare i prodotti nelle qualità sopra indicate;
– il lavoratore, in tutti i gradi, deduceva l’illegittimità del recesso asserendo, tra l’altro, che analoghe condotte, in altri punti vendita, sarebbero state tollerate dalla Società senza l’adozione di provvedimenti disciplinari;
– la Società contestava tale deduzione e dimostrava l’assenza di qualsivoglia condotta tollerante;
– giunti in sede di legittimità, la Cassazione, nell’esaminare la medesima censura, ha rilevato che la tolleranza da parte del datore di lavoro di precedenti mancanze da parte dello stesso lavoratore o di altri, anche ove fosse stata sussistente, in ogni caso non “implica acquiescenza preclusiva della possibilità di un licenziamento per un’eguale infrazione successiva, atteso anche il presumibile progressivo abbassamento del limite entro il quale il datore di lavoro può essere indotto a tollerare la ripetizione di condotte antigiuridiche dei propri dipendenti, le quali lo legittimerebbero a recedere dal contratto, e tenuto conto altresì che la mancata reazione alle prime infrazioni può essere giustificata, nel caso in cui l’azienda abbia una struttura organizzativa complessa, dalla diversità di competenze degli organi e uffici preposti all’accertamento e alla valutazione delle varie mancanze”