La violazione delle fasce di reperibilità giustifica la perdita del posto di lavoro. Tribunale di Bari, Sezione Lavoro, sent. n. 4350 del 12 novembre 2024

La violazione delle fasce di reperibilità giustifica la perdita del posto di lavoro. Tribunale di Bari, Sezione Lavoro, sent. n. 4350 del 12 novembre 2024

A cura di Paola Lonigro

Il Tribunale di Bari ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato da una Compagnia Assicurativa ad una dipendente che i) si era assentata per una giornata dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione e che ii) nel corso di un lungo periodo di assenza dal servizio per malattia, all’esito di indagini svolte dal datore di lavoro a mezzo agenzia investigativa, si era allontanata dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità prescritte dalla normativa vigente (art. 5 legge 638/1983 e D.M. 15.7.1986).

In particolare, il Giudicante ha ritenuto provato il primo addebito, consistente nell’assenza ingiustificata dal servizio per una giornata lavorativa, evidenziando che è il dipendente ad essere onerato della prova delle circostanze giustificative della propria assenza dal lavoro e che la Lavoratrice non aveva fornito alcun certificato medico di malattia a giustificazione dell’assenza, né provato di essere stata autorizzata alla fruizione di ferie o permessi in tale giornata.

Con riferimento al secondo addebito, rappresentato dall’allontanamento della lavoratrice dal proprio domicilio durante le fasce di reperibilità, il Tribunale di Bari ha innanzitutto ricordato il consolidato orientamento della Cassazione (ex plurimis Cass. n. 24492/2019), a mente del quale “la reperibilità del lavoratore ammalato nel domicilio durante le prestabilite ore della giornata costituisce un onere all’interno del rapporto assicurativo con l’ente previdenziale ed un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, la cui violazione assume rilievo disciplinare all’interno del rapporto stesso, salva la prova, da parte del lavoratore, dell’esistenza di un ragionevole impedimento all’osservanza del comportamento dovuto”. Ha, dunque, rimarcato l’astratta idoneità della violazione dell’obbligo di reperibilità a ledere il vincolo fiduciario senza necessità che risulti la falsità della malattia allegata.

Venendo quindi al caso in esame, il Giudicante, dopo avere rilevato che la Lavoratrice, a fronte degli allontanamenti dal domicilio durante le fasce di reperibilità, non aveva allegato, né tanto meno fornito la prova, di quali sarebbero state le ipotetiche improvvise e cogenti situazioni di necessità che le avessero reso indifferibile recarsi in luogo diverso dal proprio domicilio proprio nelle giornate e nelle ore interessate dall’obbligo di reperibilità, ha ritenuto che la condotta contestata, in quanto reiterata per sei volte e atta a conculcare la possibilità di controllo datoriale in ordine alla effettività dello stato di malattia, “è sicuramente grave ed evidenzia noncuranza della dipendente per le prerogative datoriali”, tanto più che i lunghi periodi di assenza per malattia della lavoratrice avrebbero dovuto indurla “nell’ottica di una leale collaborazione riconducibile agli obblighi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, a rendersi costantemente ed effettivamente disponibile per gli accertamenti sul suo stato di malattia da espletare appunto tramite visita fiscale”, e che “dagli accertamenti investigativi compiuti risulta che, in concomitanza con gli allontanamenti, la ricorrente abbia svolto attività che ben avrebbero potuto tenersi in altri momenti o, comunque, abbia svolto attività non denotanti alcuna impellente necessità di allontanamento”.

Il Tribunale ha, dunque, concluso per ritenere grave il contegno tenuto dalla Lavoratrice e tale da giustificate il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

 

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