Il c.d. patto marciano non viola l’art. 2744 c.c. perseguendo lo scopo di evitare approfittamenti del creditore a danno del debitore

Il c.d. patto marciano non viola l’art. 2744 c.c. perseguendo lo scopo di evitare approfittamenti del creditore a danno del debitore

A cura di Francesco Cristiano

Con la sentenza n. 423 del 7-13 febbraio 2023 il Tribunale di Firenze, sez. specializzata in materia di imprese, ha rigettato la domanda di nullità di clausole inserite in un accordo transattivo tra più parti che prevedevano, a garanzia dell’obbligo di pagamento assunto in transazione e da eseguirsi entro 18 mesi: 1) la stipula di atti di pegno su quote delle società Alfa e Beta di proprietà dei debitori Tizio e Caio, con la previsione che il diritto di voto inerente a quelle partecipazioni fosse riservato al creditore pignoratizio Mevio, il quale si era obbligato a non sostituire gli amministratori di Alfa e Beta per la decorrenza dei 18 mesi; 2) la facoltà per i debitori di sostituire il pegno con la concessione di un’ipoteca volontaria, con contestuale mandato irrevocabile a Mevio a vendere l’immobile; 3) la facoltà di Mevio di vendere le quote sociali di Alfa e Beta, qualora fossero spirati i termini senza il pagamento integrale dell’importo oggetto di transazione ed ove non fosse stata data in alternativa l’ipoteca.Le predette clausole erano impugnate da Tizio e Caio, che ne sostenevano la nullità, ai sensi dell’art. 1418 comma 1 c.c., per contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 2744 c.c., a mente del quale “è nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore” (divieto del c.d. patto commissorio).
Il Tribunale ha escluso la nullità sulla base dei seguenti argomenti. E’ stato, anzitutto, evidenziato che non è contrario all’art. 2744 c.c. l’impegno a non sostituire l’organo gestorio di Alfa e Beta.
Quanto, poi, alla sostituzione del pegno con un’ipoteca volontaria, essa era rimessa alla discrezionalità dei debitori stessi, ai quali spettava tale decisione.
Il mandato irrevocabile alla vendita dell’immobile ipotecato era, infine, dichiaratamente funzionale alla realizzazione del credito: era espressamente previsto, infatti, che il prezzo ricavato da tale vendita, come pure da quella ipotetica delle quote di Alfa e Beta, sarebbe stato assegnato al creditore Mevio fino alla concorrenza massima dell’importo da pagare per effetto della transazione. Non veniva, così, ad essere integrato quel passaggio di proprietà del bene dato in pegno o ipotecato che l’art. 2744 c.c. mira ad evitare.
Un accordo come quello esaminato dal Tribunale configura, invece, un “patto marciano”, mediante il quale, in caso di inadempimento del debitore, viene stabilita la vendita forzata della cosa medesima oppure l’assegnazione di un prezzo di stima, permettendo così la soddisfazione della pretesa creditoria. Il patto marciano non contrasta con l’art. 2744 c.c., poiché il creditore otterrà il bene, dovendo tuttavia corrispondere al proprio debitore l’eventuale conguaglio, ove vi sia differenza tra il valore del credito e quello derivante dalla vendita del bene, al fine di non procurare un sospetto vantaggio del creditore nei confronti del debitore, che è ciò che viene sanzionato dal divieto di patto commissorio. A tale stregua, si ristabilisce l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e si evita che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia. Si segnala che la sentenza del Tribunale di Firenze si colloca nel solco di un orientamento interpretativo condiviso anche dalla Suprema Corte che, in tempi relativamente recenti, aveva statuito che: “Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. non opera quando nell’operazione negoziale (nella specie, una vendita immobiliare con funzione di garanzia) sia inserito un patto marciano (in forza del quale, nell’eventualità di inadempimento del debitore, il creditore vende il bene, previa stima, versando al debitore l’eccedenza del prezzo rispetto al credito), trattandosi di clausola lecita, che persegue lo stesso scopo del pegno irregolare ex art. 1851 c.c. ed è ispirata alla medesima “ratio” di evitare approfittamenti del creditore in danno del debitore” (così Cass. 17 gennaio 2020, n. 844).

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