
A cura di Andrea Beretta
Due lavoratrici subordinate, assegnate a mansioni impiegatizie di supporto a funzioni aziendali interne e a consulenti esterni per attività giudiziaria, relative altresì a negoziazioni e a predisposizione di relazioni istruttorie per conciliazioni, avevano impugnato la decisione del Tribunale di Milano che aveva respinto la loro richiesta di attribuzione di un livello superiore – previsto dal contratto collettivo di settore – e delle conseguenti differenze retributive. I motivi di appello proposti erano volti ad evidenziare che l’attività lavorativa in questione presupponesse elevate conoscenze specialistiche, elevata tecnicalità, nonché adeguate autonomia e decisionalità, requisiti tutti espressamente annoverati dalla declaratoria relativa al livello preteso e asseritamente non correttamente valutati dal primo Giudice.
Si era costituita nel giudizio di secondo grado la società datrice di lavoro nostra Assistita, deducendo che dalla prova testimoniale fosse emersa, invece, l’assenza dei menzionati requisiti, con conseguente rivendicazione della correttezza della qualifica attribuita alle lavoratrici, domanda di rigetto dell’avversaria impugnativa e conferma della decisione ex adverso gravata.La Corte d’Appello di Milano, investita della vertenza, confermava, innanzitutto, la pronuncia di prime cure laddove, con diffusa motivazione, si era soffermata non solo sul contenuto delle declaratorie generali di livello, evidenziando che i tratti differenziali delle qualifiche in questione (quella attribuita e quella superiore pretesa) si sarebbero dovuti individuare nelle elevate conoscenze specialistiche, nella adeguata autonomia e decisionalità e nello svolgimento di compiti specialistici ad elevata tecnicalità (considerati come propri solo del superiore livello) ma aveva altresì esaminato e approfondito i profili professionali esemplificativi, delineati per i predetti livelli.
Così richiamati e confermati i tratti distintivi dell’inquadramento superiore in questione, il Collegio milanese affermava, quindi, che l’espletata prova testimoniale aveva acclarato che l’attività prevalente svolta dalle ricorrenti consisteva in attività di istruttoria e di supporto ad altre funzioni aziendali e a soggetti esterni, in particolare nella predisposizione di relazioni contenenti le necessarie informazioni e documentazione, nonché l’analisi e la valutazione delle stesse. Precisava, altresì, che anche per quanto concerne l’attività più rilevante svolta dalle appellanti, relativa alla negoziazione, i testimoni escussi avevano delimitato il perimetro dell’attività stessa, specificando che le lavoratrici potevano effettivamente proporre un accordo conciliativo ma non sulla base di un’autonoma valutazione dei fatti e delle possibili soluzioni, bensì muovendosi nell’ambito di linee guida e indicazioni specifiche – dimostrate anche per tabulas dalla Società – nonché all’interno di importi predeterminati (con conseguenti limitazioni, dunque, proprio in punto di autonomia e decisionalità).
Il Giudice di secondo grado riteneva, ancora, condivisibile la conclusione del Tribunale in merito all’assenza di elevata tecnicalità delle mansioni (requisito, invece, essenziale del superiore livello preteso). Ciò in quanto dalle deposizioni testimoniali era sì emerso il carattere specialistico dei compiti affidati alle lavoratrici, soprattutto con riferimento alla negoziazione diretta e al supporto all’attività giudiziaria ma era altresì risultato che le mansioni effettivamente disimpegnate in tali settori consistevano, in sostanza, solo nell’istruttoria delle pratiche e nella predisposizione di una relazione da trasmettere al legale interno o esterno che si occupava delle stesse, non certo nella gestione di ogni aspetto e dettaglio tecnico delle pratiche medesime. Quanto sopra non era, quindi, sufficiente per definire le mansioni, pur specialistiche, ad elevata tecnicalità; dovendo riconoscersi, invece, che le appellanti svolgevano attività di supporto ad altre funzioni e a soggetti esterni, nonché “con capacità di relazione interpersonale” e con “autonomia esecutiva”, proprio come richiesto, espressamente, dal loro livello di appartenenza e dai relativi profili professionali esemplificativi.
Sulla base delle suesposte motivazioni, la Corte d’Appello, respingeva, quindi, l’impugnativa delle due lavoratrici, con conferma integrale della decisione di prime cure.