A cura di Teresa Cofano
Nell’interpretazione del contratto di assicurazione, così come rispetto agli altri contratti, il Giudice non deve limitarsi al senso letterale delle parole, ma, secondo i criteri stabiliti dal codice civile, deve indagare l’intenzione delle parti, porre in relazione tra loro le varie clausole e, in applicazione degli artt. 1366 e 1370 c.c., interpretare la clausola secondo buona fede e, nel dubbio, a favore del contraente assicurato.
In applicazione di tali criteri interpretativi, a fronte di un contratto di assicurazione di responsabilità civile contro i danni che prevede la copertura del rischio conseguente a fatti “accidentali”, il Giudice non può interpretare l’aggettivo “accidentali” alla lettera, ma deve esercitare un ‘interpretazione “mediana” tra i criteri soggettivi e quelli oggettivi e, soprattutto, prendere in considerazione la causa dello specifico contratto che è quella di tenere indenne l’assicurato dalla responsabilità civile verso terzi in relazione a determinati eventi. Interpretare l’aggettivo “accidentali” in senso meramente letterale non tiene conto della intenzione delle parti e dell’assetto di interessi perseguito dalle stesse e non consente di realizzare la causa concreta del contratto.
Per tale motivo, la clausola secondo cui l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento danni causati in conseguenza di un fatto accidentale non può essere intesa nel senso restrittivo ed essere limitata ai fatti meramente accidentali – dai quali non sorge alcuna responsabilità – ma, per la sua denominazione e natura (responsabilità civile verso terzi) comporta necessariamente l’estensione della portata dell’aggettivo accidentale ai fatti colposi, con la esclusione dalla copertura dei soli fatti dolosi.
(Cass. 27 giugno 2023, sent. n. 18320)