Licenziamento – altra attività durante la malattia

Licenziamento  – altra attività durante la malattia

A cura di Marta Filadoro

La Corte d’Appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto dal lavoratore avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento dell’opposizione del datore di lavoro, in riforma dell’ordinanza resa in esito alla fase sommaria, aveva dichiarato la legittimità del licenziamento intimato dalla società al reclamante; i Giudici d’Appello hanno, in particolare, ritenuto che la condotta contestata al lavoratore –  ovvero l’avere violato i doveri di correttezza, lealtà e diligenza, per aver partecipato a una partita di calcio del torneo di prima categoria della Regione durante l’assenza per malattia –  rientrasse  nella fattispecie disciplinare di cui all’art. 45, n. 2, R.D. n. 148/1931 (che prevede la destituzione per chi adopera artifici per procurarsi vantaggi indebiti, ancorché non ne siano derivati inconvenienti di servizio), piuttosto che nella fattispecie di cui all’art. 42, che punisce con sanzione conservativa la simulazione di malattia. Il reclamante ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello.
Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ha ribadito che: “secondo la giurisprudenza di questa Corte, lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, può configurare la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio (Cass. n. 10416/2017, n. 26496/2018)” e che “nel nostro ordinamento la nozione di malattia rilevante a fini di sospensione della prestazione lavorativa ricomprende le situazioni nelle quali l’infermità abbia determinato, per intrinseca gravità o per incidenza sulle mansioni normalmente svolte dal dipendente, una concreta ed attuale, sebbene transitoria, incapacità al lavoro del medesimo (cfr. Cass. n. 14065/1999, n. 12152/2024), per cui, anche là dove la malattia comprometta la possibilità di svolgere quella determinata attività oggetto del rapporto di lavoro, può comunque accadere che le residue capacità psico-fisiche possano consentire al lavoratore altre e diverse attività; tuttavia, la stessa giurisprudenza citata ha precisato che il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è circostanza disciplinarmente irrilevante, ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell’ipotesi in cui la diversa attività accertata sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, sia quando l’attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore (cfr. Cass. n. 21253/2012, n. 17625/2014, n. 10416/2017, n.26496/2018)”.
La Suprema Corte ha ritenuto che nel caso in esame, la Corte di merito, nell’ambito dei suddetti principi generali di valutazione della gravità e proporzionalità della condotta,  avesse “ritenuto la condotta addebitata di tipo artificioso, in violazione degli obblighi di lealtà e correttezza, perché diretta, tramite la simulazione di uno stato fisico incompatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa, non solo all’assenza dal lavoro, ma anche al vantaggio indebito della partecipazione in orario di lavoro a partita di calcio già programmata (nell’ambito di campionato regionale), implicante uno sforzo fisico gravoso”, rilevando altresì che si trattava comunque di accertamento di fatto, in relazione al quale non è ammesso un riesame in sede di legittimità.

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