A cura di Enrico Vella
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza 26 luglio 2024, n. 20972 ha recentemente confermato la legittimità del licenziamento di un ex dipendente di un’azienda tessile, ritenendo fondate le accuse di aver abusato dei permessi sindacali. L’ordinanza del 26 luglio 2024 sancisce, senza possibilità di appello, che il licenziamento è stato giustificato nonostante le obiezioni sollevate dalla difesa del lavoratore.
La questione dei permessi sindacali
Il caso riguarda un dipendente che, nella sua qualità di sindacalista, aveva diritto a permessi retribuiti per attività sindacale. Tuttavia, gli accertamenti condotti da un investigatore privato, incaricato dal datore di lavoro, aveva rivelato che il medesimo impiegava tali giorni di assenza non per svolgere attività sindacale, bensì per motivi personali.
Il comportamento, sebbene inizialmente giustificato come parte di un diritto sindacale, è stato giudicato come un abuso grave e ingiustificabile.
La decisione della Corte di Appello
I giudici di merito hanno considerato che il comportamento del lavoratore non può essere ridotto a una semplice assenza ingiustificata. La gravità della condotta è stata accentuata dal ruolo sindacale del dipendente, che avrebbe dovuto utilizzare i permessi concessi esclusivamente per attività sindacali, non per fini personali. La condotta del lavoratore, quindi, non solo ha violato le norme sull’uso dei permessi sindacali, ma ha anche minato la fiducia e il rispetto necessari in un rapporto di lavoro, aggravando la situazione.
Il Ruolo dell’Investigazione
I giudici, tra l’altro, hanno ritenuto legittimo l’operato dell’azienda nel far pedinare il dipendente. La Corte ha sottolineato che la verifica della corretta utilizzazione dei permessi sindacali è fondamentale, soprattutto quando sussistono dubbi concreti sull’uso improprio di tali diritti. L’attività investigativa, pur non coinvolgendo direttamente l’adempimento della prestazione lavorativa, si è rivelata necessaria per dimostrare l’abuso del diritto.
L’opinione dei Giudici di Cassazione
La Cassazione ha respinto le obiezioni della difesa, ritenendo che le accuse di abuso dei permessi sindacali fossero ben fondate. La Corte ha chiarito che la concessione dei permessi sindacali non è soggetta a discrezionalità da parte del datore di lavoro, ma deve essere utilizzata esclusivamente per le finalità sindacali previste dalla normativa. La possibilità per il datore di lavoro di verificare l’effettivo utilizzo dei permessi, anche attraverso investigazioni, non è preclusa dalla normativa e si configura come una misura necessaria per garantire il rispetto delle regole.
Non si tratta solo di assenze ingiustificate, ma di un comportamento fraudolento che ha sfruttato il ruolo sindacale per scopi personali. Questo, secondo i giudici, giustifica pienamente la sanzione del licenziamento, considerato che tale condotta compromette seriamente il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. La decisione della Cassazione ribadisce che il corretto utilizzo dei permessi sindacali è essenziale per mantenere l’integrità e la legalità nei rapporti di lavoro.
Sebbene il diritto del rappresentante sindacale a fruire dei permessi sia un diritto potestativo, ciò non esclude che il datore di lavoro possa effettuare verifiche sul corretto utilizzo di tali permessi. Questa verifica può essere effettuata anche mediante attività investigativa, che non implica direttamente la prestazione lavorativa e non è pertanto preclusa dagli articoli 2 e 3 della Legge n. 300/70. L’attività investigativa è ammessa poiché riguarda un comportamento illecito avvenuto al di fuori dell’orario di lavoro e di rilevanza disciplinare, come confermato dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 34739 del 2019).
La condotta non si limita a una mera assenza dal lavoro, ma riguarda un comportamento caratterizzato da un quid pluris, ossia l’utilizzazione del permesso sindacale per fini estranei a quelli istituzionali. Questo approccio esclude la riconducibilità della condotta alle norme collettive che sanzionano le sole assenze ingiustificate, e non considera l’assenza come un semplice caso di mancata presentazione o abbandono del posto di lavoro.