
A cura della Redazione Biblioteca
Negli ultimi mesi si è acceso un ampio dibattito su un tema appassionante, che riguarda tutti noi: l’intervento legislativo a proposito della lingua italiana (la lingua del ‘sì’, come la definiva Dante), un intervento che di recente ha portato a due proposte di legge, una ordinaria e una costituzionale. Si riportano qui i principali passaggi del commento del Presidente dell’Accademia della Crusca, prof. Claudio Marazzini, particolarmente interessante per i punti critici che solleva. Per l’intervento completo, si rimanda a questo link.
“La prima proposta, presentata il 23 dicembre 2022, contiene otto articoli di Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione di un Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana. Porta il n. 734 negli Atti parlamentari della Camera dei deputati. La seconda proposta, assegnata con il n. 337 degli Atti del Senato il 27 dicembre 2022 alla Commissione Affari costituzionali (presentata il 16 novembre), ha lo scopo di introdurre una modifica in Costituzione, con la menzione esplicita della lingua italiana… La proposta 734 ha suscitato maggiori polemiche della proposta 337. La reazione è stata forte soprattutto di fronte alle sanzioni pecuniarie previste nei casi di violazione. Le polemiche giornalistiche hanno fatto trascurare elementi interessanti e piuttosto nuovi, pur presenti nella legge, come la questione dei contratti di lavoro in lingua italiana (art. 5)… Molte perplessità ha suscitato l’art. 4, là dove vieta l’uso di sigle e denominazioni in lingua straniera salvo il caso di “assenza di un corrispettivo in lingua italiana”. Questa scappatoia si presenta come particolarmente insidiosa, perché è difficile stabilire se e quando l’equivalenza tra lingue diverse sia soddisfacente, e quale sia questa equivalenza nei casi dubbi, che rischiano di essere molti. Una formulazione così vaga lascia spazio a un imbarazzante contenzioso. Molto ci sarebbe poi da discutere sulle funzioni assegnate a un organo previsto dalla proposta di legge: mi riferisco al Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana. Credo che dietro la proposta 734 ci sia il fantasma del Consiglio superiore della lingua italiana, proposto al tempo del governo Berlusconi, e il ricordo (o la semplice imitazione) della legge Toubon francese del 1994…
Sarebbe necessario distinguere nettamente l’introduzione di termini inglesi nell’uso comune quotidiano dei parlanti dall’abuso di inglese nella comunicazione sociale pubblica delle istituzioni statali (a cui sarebbe stato meglio limitare l’intervento). Soprattutto occorrerebbe essere molto attenti a un fenomeno che non sembra essere stato colto con chiarezza dal legislatore: vanno combattuti senza tentennamenti i casi, non rari, di emarginazione totale della lingua italiana, specialmente quando essa viene rimossa dall’alto, ad opera di italiani, e in Italia, non all’estero o ad opera di stranieri (gli italiani sono molto bravi nel farsi male da soli). Purtroppo gli esempi più evidenti di emarginazione totale e autoritaria dell’italiano si sono verificati e si verificano in un settore di primaria importanza e di grande peso qual è l’ambito universitario.
Occorre individuare con preciso discernimento i diversi livelli e ambiti di discriminazione della nostra lingua. Ne identificherei almeno tre: 1) discriminazione nella burocrazia universitaria; 2) discriminazione nella didattica universitaria; 3) discriminazione nella ricerca universitaria…
Tutto quello che abbiamo qui discusso offre un vasto campo di intervento che potrebbe essere coltivato dai rappresentanti della nazione che intendessero avviare una seria politica linguistica, diversa da quella attuale. La semplice applicazione delle regole già esistenti sarebbe più incisiva rispetto alla fantasiosa proposta di leggi nuove di difficile attuazione, e inciderebbe direttamente sulla realtà italiana… Arriviamo così alla questione che spesso spicca come più grave, e che in realtà a noi pare secondaria rispetto ai gravissimi casi sopra elencati di abolizione globale e sostanziale della lingua italiana, emarginata ad opera della stessa burocrazia italiana. La lingua italiana viene estromessa da funzioni che dovrebbero esserle garantite. Si parla invece anche troppo della questione dei prestiti integrali e degli esotismi isolati, si lamenta comunemente la sovrabbondanza di anglismi. Senza dubbio l’afflusso di anglismi è ormai patologico, ma la causa di questo sintomo della malattia (l’eccesso di forestierismi è appunto sintomo, non causa) sta proprio nella scarsa considerazione attribuita alla lingua italiana…
Con buona pace di coloro che nelle polemiche di questi giorni hanno ribadito che il vero nemico della comunicazione pubblica è il burocratese, va ribadito che oggi l’inglese svolge appunto la funzione di burocratese. Basta leggere il Piano scuola 4.0 per rendersene conto. C’è dunque chi coltiva amorevolmente gli anglismi in una miscela di oscurità burocratica, come comodo moltiplicatore di pseudoconcetti che arricchiscono il vaniloquio retorico ammantato di esibita tecnocrazia. Anche in questi casi (alcuni dei quali ancora attuali: penso appunto al Piano scuola 4.0), non sono necessarie nuove leggi per intervenire efficacemente. Sarebbe sufficiente l’avvio di una politica linguistica che, intervenendo caso per caso, perseguisse obiettivi di chiarezza e concretezza linguistica, e attribuisse a ciascuna lingua, italiano, inglese, francese, tedesco o altro che sia, lo spazio che merita, favorendo fra l’altro una miglior considerazione del concetto di “lingua straniera” e di “internazionalizzazione”, non all’insegna del monolinguismo a senso unico, ma al servizio della pluralità delle lingue d’Europa”.