
A cura della Redazione Biblioteca
Qualche settimana fa è stato inaugurato in anteprima a Firenze il Museo nazionale della lingua italiana (MUNDI). A ingresso gratuito, fortemente innovativo nelle sue modalità espositive entro il complesso di Santa Maria Novella, il museo aprirà in forma definitiva solo a ottobre 2023, ma è già possibile visitare alcune sale, che conservano documenti strepitosi relativi alla storia della nostra lingua e alla sua importanza “mondiale”.
Chi non ricorda, ad esempio, il cosiddetto “Placito di Capua”, che apre i libri di scuola? Risalente a qualche decennio prima dell’anno 1000, esso costituisce la prima testimonianza “ufficiale” della lingua italiana, quello che è considerato per convenzione il suo atto di nascita. Entro un documento notarile redatto in latino, si trova infatti la famosa formula di testimonianza di possesso terriero, ripetuta più volte nel testo a scandire l’atto giuridico, scritta in una “nuova lingua”, il volgare italiano: Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.
Ancora, il codice Riccardiano 1035 (così chiamato perché conservato di norma a Firenze, presso la Biblioteca Riccardiana) è uno splendido manoscritto, databile al 1370, che contiene la Divina Commedia di Dante trascritta da Boccaccio. Questi, come è noto, si prodigò per commentare, divulgare e far apprezzare il capolavoro dantesco. Tra coloro che avevano beneficiato di questo impegno del Boccaccio si conta niente meno che Petrarca, il quale, con malcelata invidia, insisteva a dire di non avere una copia della Commedia. Così, nei primi anni Cinquanta nel Trecento, Boccaccio aveva già trascritto un’altra copia del poema e l’aveva donata a Petrarca. Tale manoscritto, oggi il Vaticano latino 3199 (custodito presso la Biblioteca Apostolica Vaticana), in uno strepitoso incrocio di personalità eminenti del nostro Rinascimento, dopo la morte di Petrarca passò nelle mani di Pietro Bembo, che si basò su questo testo della Commedia dantesca per la stampa dell’opera presso Aldo Manuzio, nel 1502.
Qualche settimana fa, all’inaugurazione di Mundi, era presente anche Luca Serianni, uno dei più grandi linguisti della nostra epoca e attivo promotore del museo. Componente del Consiglio scientifico dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, consulente del Ministero dell’istruzione per l’apprendimento della lingua italiana (2017), presidente della Fondazione I Lincei per la Scuola (2018), curatore dal 2004 del Vocabolario dell’italiano contemporaneo (il famoso “Devoto-Oli”), persona squisita e amata da tutti i suoi allievi, di lì a qualche giorno Luca Serianni sarebbe stato sottratto a tutti noi, travolto da un’auto sulle strisce pedonali. Basta digitare il suo nome su internet per comprendere la perdita che la comunità ha subito, ma anche la grandezza del suo lascito. La prossima apertura del Museo Mundi a Firenze non è che una piccola testimonianza del suo contributo.