Who am (A)I?

Who am (A)I?

A cura della Redazione Biblioteca

 

A breve si concluderà a Bologna, nello splendido palazzo Fava (fino al 4 maggio 2025, salvo proroghe), la mostra AI WEIWEI: who am I? il cui titolo gioca con la coincidenza tra il nome dell’artista e attivista cinese e l’ormai noto acronimo AI (Artificial Intelligence).

Anche l’arte contemporanea deve dunque fare i conti con una nuova tecnologia che plasma il rapporto con il pubblico, introducendo un ulteriore fattore,  perturbante e potente, nel già difficile ma affascinante equilibrio tra realtà e finzione che è alla base del concetto stesso di esperienza artistica.

Il curatore della mostra, Arturo Galansino, dal 2015 Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze ed esperto promotore di mostre dedicate all’arte internazionale, aveva dato avvio alla collaborazione con Weiwei proprio a Firenze nel 2016, quando si tenne la prima grande mostra italiana dedicata all’artista, definito già allora come uno dei più celebri e controversi del panorama contemporaneo.

 

 

Interessante, allora, la riflessione sulla cosiddetta AI anche da questa prospettiva: intervistato dal curatore, Weiwei afferma che “a prescindere dall’efficacia con cui processa e semplifica la gestione delle informazioni e del sapere, l’intelligenza artificiale può solo risvegliare prospettive alternative e sottolineare l’esistenza di informazioni insostituibili”. Dunque, un mezzo espressivo di sicuro interesse per chi si muove “in una tensione continua tra tradizione e sperimentazione, conservazione e distruzione” (dalla homepage del sito della mostra): Weiwei mette in campo anche e soprattutto un messaggio politico e un manifesto ispirato alla libertà di pensiero.

Ma c’è chi si spinge oltre: nel 2018, a Londra, presso la famosa  casa d’aste Christie’s per la prima volta viene battuta, con grande successo, un’opera d’arte assistita dall’intelligenza artificiale. Sconcerto, ma anche entusiasmo scuotono il mondo del collezionismo: si è aperta una nuova era? Che cosa succede del diritto d’autore? Sarà necessario ripensare i canoni stessi della nostra teoria estetica? Su questo, un consiglio di lettura è il libro di A. Barale, Arte e intelligenza artificiale. Be my GAN (Jaca Book, 2020), che raccoglie il punto di vista di filosofi, artisti della scena internazionale, informatici, studiosi d’arte e di musica, architetti.

 

Inevitabile la reazione dell’avanguardia della ricerca e della sperimentazione, soprattutto in ambito pubblico: non a caso la XIX Biennale di Venezia, che aprirà i battenti il 10 maggio per protrarsi fino al 23 novembre 2025, dedicata all’Architettura per le cure di Carlo Ratti, sarà intitolata Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva. Spiega il curatore, architetto e ingegnere (MIT e Polimi), direttore del Senseable City Lab: “Per affrontare un mondo in fiamme, l’architettura deve riuscire a sfruttare tutta l’intelligenza che ci circonda… La Biennale Architettura 2025 coinvolge diverse forme di intelligenza per affrontare le sfide del nostro tempo… Sia la Mostra sia GENS Public Programmesuperano i confini dell’architettura, favorendo un dialogo interdisciplinare con la collaborazione di istituzioni internazionali”. Del resto, in tutto il mondo la riflessione è in corso, i più grandi studi di architettura utilizzano già programmi di AI per progettare soluzioni sempre più sostenibili, poliedriche e funzionali.

 

Brazil Pavilion – (RE)INVENTION

 

Entro questo orizzonte, come dice Ratti, cruciale sarà la collaborazione per un fine comune, eticamente condiviso, perché l’esito di questa potenzialità creativa illimitata non sia fatale: se la domanda di partenza rimane la stessa, per tutti (quella di Weiwei: who am I?), la risposta è una di quelle che vanno cercate nelle profondità della sapienza antica, dentro le pieghe dei nostri miti archetipici.Nel Prometeo incatenato di Eschilo, tragedia del V sec. a.C., il titano ribelle, fatto prigioniero, è crudelmente punito da Zeus per aver donato agli uomini un potere troppo grande, avendo loro consegnato il fuoco e con esso una serie di inaudite competenze tecniche e artistiche. Prometeo ha superato un limite, come gli ricorda Oceano: “Vedo sì, Prometeo, e voglio darti il consiglio migliore, anche se tu sei già astuto. Devi sempre sapere chi sei e adattarti alle regole nuove” (Eschilo, Prometeo incatenato, Milano 2007, nella bella traduzione di Monica Centanni, vv. 307-310).

Il pericolo viene dunque dall’ignoranza di sé stessi e dei propri confini, non dai nuovi strumenti a disposizione.

 

PS: per la chiusura di questo articolo, l’immagine di Prometeo qui sopra riportata è stata creata da un generico software AI in 4 secondi, con un messaggio di istruzioni di 5 righe.


Immagine di copertina: Mike Winkelmann, Everydays: the First 5000 Days

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