A cura di Francesco Autelitano
È noto che il d.lgs. n. 231/2001 prevede la responsabilità penale della Società nel caso di commissione di reati da parte di propri dipendenti o Amministratori, laddove la stessa ne abbia tratto vantaggio, con sanzioni pecuniarie che possono arrivare sino a 1,5 milioni di euro, nonché sanzioni interdittive quali revoca di licenze, divieti di contrarre, sospensione o interdizione dell’attività.
La responsabilità penale è esclusa laddove la Società dimostri di aver adottato e attuato un Modello Organizzativo idoneo a prevenire i reati.
La tematica della “231” è quindi normalmente analizzata in funzione della prevenzione della responsabilità penale della Società.
La medesima questione può essere tuttavia vista anche da un altro angolo visuale, ossia quello della responsabilità civile degli Amministratori, in relazione ai danni derivanti al patrimonio sociale: danni che possono fra l’altro consistere proprio nell’ammontare delle sanzioni pecuniarie e/o nei pregiudizi connessi alle sanzioni interdittive, cui, in ipotesi, la Società sia stata condannata con la sentenza penale.
La questione civilistica riguarda, quindi, in particolare, la responsabilità per il risarcimento dei danni subiti dalla Società e i presupposti per imputare gli stessi agli Amministratori, in caso di omessa o negligente adozione del Modello Organizzativo.
L’ipotesi di cui sopra, concernente la responsabilità risarcitoria degli Amministratori verso la Società, dev’essere verificata e valutata mediante l’interpretazione delle norme del Codice civile che prevedono l’obbligo di istituire “un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa” (art. 2086, co. 2, cod. civ.), obbligo espressamente previsto a carico degli Amministratori sia nelle Società per azioni (art. 2380bis cod. civ.) che nelle Società a responsabilità limitata (art. 2475 cod. civ.).
In argomento giova richiamare il precedente espresso dal Tribunale di Milano, Sez. Spec. Impresa, 15 giugno 2023. Nel citato giudizio, i Giudici Milanesi hanno osservato che “tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione in carica nel periodo in cui è stata compiuta l’attività di corruzione del funzionario devono rispondere del danno connesso all’irrogazione con la stessa sentenza penale della sanzione di complessivi Euro 240.000 per l’illecito amministrativo nei confronti della Società”; evidenziando altresì che “l’organo amministrativo è, infatti, specificamente tenuto ad adottare un assetto organizzativo adeguato anche alla prevenzione dei reati onde evitare che siano perpetrati illeciti penali nell’esecuzione dell’attività di impresa e deve, quindi, in mancanza di prova delle misure assunte a tale scopo, rispondere del danno derivato al patrimonio sociale dall’applicazione della sanzione amministrativa conseguente alla commissione del reato”.
Vi sono peraltro talune distinzioni da verificare di volta in volta, in base alle specificità dei casi concreti. Una di queste attiene alla diversità di posizione degli Amministratori delegati (che hanno il compito di curare gli assetti organizzativi, v. comma 5 dell’art. 2381, cod. civ.) rispetto agli Amministratori non delegati (i quali hanno invece il compito di valutare l’adeguatezza “sulla base delle informazioni ricevute”, v. comma 3 del citato art. 2381). Un’altra importante distinzione richiede di accertare se il Modello Organizzativo sia stato totalmente omesso oppure se esso sia stato considerato “inadeguato” dal Giudice penale, tenuto conto che in questo secondo caso la responsabilità civile dovrebbe ritenersi limitata in virtù del principio per cui “è possibile assoggettare a sindacato gestionale la struttura organizzativa predisposta dall’amministratore nei limiti e secondo i criteri della proporzionalità e ragionevolezza” (Trib. Roma, 15 settembre 2022).