![Art. 29 D. Leg. 276/2003 – Appalto e CCNL applicabile](https://www.trifiro.it/wp-content/uploads/2024/10/Anna-Maria-Corna-e-Matile-Agogeri-scaled-1170x684.jpg)
A cura di Anna Maria Corna e Matilde Agogeri
Il recente il D.L. n. 19/2024 ha introdotto, nell’art. 29 D. Leg. 276/2003 (co. 1-bis) e in riferimento ai lavoratori impiegati in appalti su territorio italiano, un trattamento economico e normativo “non inferiore” a quello previsto dal CCNL del settore e della zona connessa all’attività svolta; in caso di violazione, committente e appaltatore potranno essere destinatari di provvedimento di diffida accertativa per crediti patrimoniali.
La norma è sicuramente innovativa, considerato che fino ad oggi il datore di lavoro era libero di applicare anche un CCNL diverso da quello tipico del suo settore (per inoperatività dell’art. 2070 c.c. per i contratti collettivi di diritto comune), con la sola possibilità per il lavoratore (salvo nel caso di adesione all’associazione di categoria) di chiedere che al CCNL di settore si facesse riferimento “per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost.” (Cass. sez. lav. – 10/06/2021 n. 16376) nei limiti, peraltro, della “retribuzione tabellare” (Cass. sez. lav. – 20/01/2021 n. 944).
La previsione, quindi, in coerenza con un più ampio quadro di revisione normativa perseguente tale obiettivo, amplia la tutela, oltre che disincentivare raggiri, quali, ad esempio, l’applicazione di un CCNL diverso da quello di settore, la cui gestione amministrativa sarebbe ardua, e il dumping contrattuale.
In tal senso, viene massimizzato il rispetto della Carta costituzionale e delle previsioni Comunitarie.
Infatti, proprio una Direttiva Comunitaria aveva già portato il Legislatore ad introdurre una sostanziale parità di trattamento tra lavoratori, limitata in tale occasione ai dipendenti di aziende di altri Stati membri UE poi distaccati, anche in somministrazione, a lavorare in Italia (v. Direttiva 96/71/CE e, da ultimo, D. Leg. 27/2023).
Quest’ultima disciplina è particolarmente cogente, prevedendo il diritto del lavoratore distaccato in Italia a vedersi applicate le medesime “condizioni di lavoro e di occupazione” (concernenti i principali aspetti normativi e retributivi del rapporto di lavoro, compresi salute, sicurezza e parità di trattamento uomo-donna) applicate per chi svolga “prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco”, così come disciplinate dalla legge e dai CCNL stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
Considerata, quindi, tale significativa tutela per i lavoratori di altri Stati operanti in Italia, ben venga anche una disciplina a favore dei lavoratori italiani, adibiti ad appalti di beni e servizi, considerato che ciò potrebbe anche ridurre la stipulazione di appalti con trattative eccessivamente “al ribasso”, che sovente portano poi al default ed a notevoli contenziosi.
D’altra parte, se in genere i datori di lavoro applicano un CCNL coerente con l’oggetto sociale, la nuova norma non è di facile applicazione né per i settori in cui vi sono più CCNL sottoscritti con i requisiti di cui all’art. 51 del D. Leg. 81/2015, né per i CCNL con una sfera di applicazione che comprende più attività, di cui alcune possono essere svolte direttamente da un’impresa ed altre appaltate a terzi, che ne svolgono, però, in via prevalente altre, per cui si applica un diverso CCNL.
In altre parole, la precisazione di connessione “con l’attività oggetto dell’appalto”, non sempre può essere utile, perché se vi possono essere pochi dubbi che per le attività di pulizie si applichi il relativo tipico contratto (in genere Multiservizi), già è più arduo, per esempio, per attività di logistica o di trasporto, per cui vi è il CCNL Logistica trasporto merci e spedizioni, ma entrambi queste attività vi sono pure nella sfera di applicazione del CCNL Multiservizi.
Le problematiche di applicazione ricadono, inoltre, sulle imprese appaltanti, che, come già accennato, sono tenute in solido per i crediti retributivi dei lavoratori, i quali, ovviamente, tenderanno a richiedere l’applicazione della disciplina del CCNL più favorevole e ciò a maggior ragione se questo è quello applicato anche dall’appaltante, seppur per attività diversa da quella oggetto dell’appalto.
Come al solito, quindi, servirà un’interpretazione “integrativa” ad opera della giurisprudenza, che, confidiamo, salvaguardi anche le scelte imprenditoriali concernenti il CCNL applicato ai propri dipendenti, posto che, allo stato, i CCNL sono ancora solo di diritto comune e non erga omnes.