Cassazione ordinanza 20 febbraio 2023 n. 5222

Cassazione ordinanza 20 febbraio 2023 n. 5222

A cura di Bonaventura Minutolo

Con l’ordinanza in epigrafe è stata rimessa al primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione interpretativa circa il limite dell’azione di arricchimento senza causa riferito alla carenza di un’azione tipica, laddove per tipicità – come l’ordinanza spiega – si intende la mancanza di un apposito rimedio previsto dalla legge in presenza di un ingiusto vantaggio che un soggetto consegue dalla diminuizione patrimoniale di altro soggetto, collegato da un nesso di causalità, oltre alla assenza di qualsiasi causa giustificativa dell’arricchimento del primo e del depauperamento del secondo.
La questione interpretativa è centrata sulla residualità dell’azione di arricchimento concessa a chi subisce il detrimento, come previsto dall’art. 2042 c.c., nel senso che tale azione ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito, donde la differenza da ogni altra azione, sia per presupposti che per limiti oggettivi, ed integra un’azione autonoma per diversità di petitum e di causa petendi rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di altro genere. L’ordinanza di remissione – in tale ambito – riguarda la determinazione del limite di esercizio di tale azione generale in relazione al disposto dell’art. 2042 c.c.; vale a dire se la sussidiarietà possa essere riconosciuta solo in presenza di uno specifico titolo negoziale e/o legale, ma non in presenza di una “clausola generale” (responsabilità extracontrattuale).
La questione, ovviamente, si è posta perché, al presente, l’indirizzo di legittimità – prevalente – esclude la sussidiarietà in riguardo alla seconda ipotesi, quando, cioè, il rimedio tipico è rappresentato da una clausola generale e non da un titolo specifico. Il ragionamento posto a fondamento dell’ordinanza de qua, poggia sul rilievo secondo cui la ratio della norma (art. 2042 c.c.) non è quella di impedire la duplicazione dell’indennizzo, ma di impedire che, una volta respinta l’azione fondata sul titolo specifico, si faccia poi ricorso all’azione generale di arricchimento. Infatti, questo potrebbe essere il comune denominatore tra le due ipotesi (azione tipica ed azione generale di arricchimento). Infatti (spiega l’ordinanza): “…se è vero che l’azione di arricchimento senza causa ha carattere sussidiario ed è quindi inammissibile, ai sensi dell’art. 2042 c.c., allorché chi la eserciti, secondo una valutazione da compiersi in astratto e perciò prescindendo dalla previsione del suo esito, possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito (Cass. 29988/18), se ciò è vero, significa che non si richiede in concreto la prova di un rimedio concorrente fruibile, ma è sufficiente che un tale rimedio risulti configurato in astratto”, ed allora l’indagine in astratto è identica quale che sia la fattispecie che configura l’azione. Ma anche ad ammettere che, nel caso di clausola generale, l’indagine sulla sussidiarietà dell’azione di arricchimento rischia di divenire indagine nel merito, ossia indagine che deve valutare non solo l’astratta disponibilità dell’azione alternativa, ma altresì se di questa ultima sussistano i presupposti, anche ad ammettere questa prospettiva, essa non ha più ragion di essere quando, come nel caso presente, quell’indagine è già stata fatta dell’azione principale è stata rigettata.
L’ordinanza termina evidenziando la perplessità di chi censura questa regola di sussidiarietà, peraltro (si legge) sconosciuta alla maggior parte degli altri ordinamenti, e disponibile solo nel nostro ed in quello francese, ma anche, chi, forse comprensibilmente, questa perplessità manifesta, non nasconde che per lo meno la sussidiarietà si giustifichi per evitare aggiramenti della legge e propone di leggere l’art. 2042 c.c. insieme all’art. 1344 c.c., vale a dire configurando la frode alla legge, ove si consentisse, in presenza di una clausola generale, l’azione di arricchimento, con il che si aggirerebbe lo scopo che si è prefisso il legislatore (art. 2042 c.c.) cioè di evitare l’esperimento di una duplice azione.
La materia è sicuramente complessa, tuttavia sarebbe auspicabile una lettura delle norme in questione in termini più corrispondenti alla tutela sostanziale del soggetto danneggiato, in ipotesi di indebito di arricchimento, anziché privilegiare una tesi formalistica che escluda la possibilità di utilizzo della menzionata azione generale di arricchimento, allorquando, sostanzialmente, non si verifichi un duplice risultato risarcitorio, rectius, indennitario, assicurando, viceversa, la possibilità di recupero dell’indebito senza alcuna duplicazione, mentre invece, il semplice concorso fra più azioni (quella specifica e quella generale) non varrebbe a tutelare, sostanzialmente, alcun diritto del soggetto danneggiato, indulgendo così in una lettura meramente formale delle predette norme (art. 2041 e 2042 c.c.).

Come possiamo aiutarti?

Consultaci per qualsiasi informazione