A cura di Anna Minutolo
Lo Stato Italiano, per dare una garanzia previdenziale a chi ha lavorato, lavora o lavorerà all’estero, ha stipulato, nel corso degli anni, una serie di convenzioni internazionali, soprattutto con i Paesi verso i quali i flussi migratori nel corso degli anni sono stati più intensi (Unione Europea, Stati uniti, Brasile, Argentina, Canada, Australia, ecc.).
La normativa internazionale di sicurezza sociale ha introdotto, negli ordinamenti degli Stati contraenti, disposizioni di coordinamento necessarie a garantire la tutela assicurativa dei lavoratori migranti sulla base di tre principi fondamentali:
• parità di trattamento, per cui ciascuno Stato riconosce, ai cittadini dell’altro Stato, operanti sul proprio territorio nazionale, gli stessi diritti riservati ai propri cittadini;
• totalizzazione dei periodi assicurativi compiuti negli Stati contraenti, per il conseguimento dei requisiti minimi ai fini pensionistici;
• esportabilità delle prestazioni pensionistiche a carico di uno Stato stipulante, nel caso in cui il pensionato risieda nell’altro Stato.
Riconoscimento dei contributi versati nei Paesi membri dell’Unione Europea o nei Paesi con i quali l’Italia ha stipulato convenzioni o accordi internazionali in materia di sicurezza sociale.
I lavoratori iscritti all’INPS, all’ex INPDAI, all’EMPALS, all’INPGI e all’INPDAP beneficiano di un riconoscimento gratuito del lavoro svolto nei Paesi dell’Unione Europea ed in quelli convenzionati; il periodo di lavoro all’estero, però, viene valutato esclusivamente ai fini del diritto alla pensione, non anche per determinarne la misura.
Ciò significa, per esempio, che se un lavoratore ha lavorato in Italia per 33 anni ed in Germania per 10, e ha versato contributi in entrambe i Paesi, matura il diritto alla pensione, avendo 43 anni (in totale) di contributi. La somma che il lavoratore percepirà a titolo di pensione sarà, però, determinata solo sulla base dei contributi versati in Italia, mentre la Germania corrisponderà la somma relativa ai contributi ivi versati, secondo le sue norme interne. Il riconoscimento gratuito della contribuzione versata nei paesi convenzionati si basa su due principi essenziali: la “totalizzazione” e il “calcolo pro rata”.
La “totalizzazione internazionale”, ossia la somma “virtuale” dei contributi versati nei diversi regimi previdenziali (Italiano ed Estero) è disciplinata da norme diverse tra loro e, per lo più, diverse da convenzione e convenzione.
Per chi ha lavorato nei Paesi dell’Unione Europea è possibile cumulare i periodi di contribuzione versata in tutti gli Stati Membri, alla sola condizione di essere, al momento della domanda di pensione, cittadino di uno degli Stati Membri. Nel caso di chi ha lavorato in Paesi extra UE, legati all’Italia da convenzioni bilaterali, è possibile cumulare i periodi di contribuzione versata in Italia con quella versata nel Paese convenzionato.
Per chi ha lavorato sia in Italia, che in Paesi Ue, che in Paesi extra UE la situazione è più complicata perché, è possibile cumulare tutti i periodi di contribuzione, solo a condizione che il Paese Ue presso cui il lavoratore ha svolto la sua attività abbia una convenzione col paese extra UE.
Per esempio: chi ha 14 anni di contributi in Italia, 4 in Germania e 4 in Canada, non può sommare tutti i periodi di contribuzione perché Germania e Canada tra di loro non hanno accordi bilaterali.
Vi sono, però, alcune convenzioni bilaterali che consentono la “totalizzazione” dei contributi con quelli versati in altri Paesi, che risultino legati da accordi internazionali, sia all’Italia che allo Stato contraente, come per il caso di Argentina, Svezia, Svizzera, Uruguay, Repubblica di Capoverde e Spagna.
Una volta accertato il diritto alla pensione ricorrendo alla “totalizzazione” è necessario determinare l’importo della prestazione. Come prima cosa bisogna calcolare l’importo della rendita che sarebbe spettata al lavoratore se questi avesse sempre svolto attività in Italia: si avrà, così, l’importo di una pensione “virtuale” o teorica”. Poi si determina il coefficiente di riduzione da applicare alla pensione virtuale (che è dato dalla proporzione dei soli periodi italiani e la somma dei periodi italiani ed esteri), poi si moltiplica la “pensione virtuale” per il coefficiente di riduzione e si ottiene la pensione “pro rata”.
Riconoscimento dei contributi versati in Paesi con i quali l’Italia non ha stipulato convenzioni o accordi internazionali in materia di sicurezza sociale.
Se il lavoratore ha prestato la propria attività in Paesi con cui l’Italia non ha stipulato convenzioni o accordi internazionali in materia di sicurezza sociale, potrà ottenere il riconoscimento della contribuzione relativa ai periodi di lavoro all’estero solo tramite riscatto oneroso.
La domanda di riscatto -che può riguardare anche solo parte degli anni di lavoro svolti all’estero- va presentata all’INPS- che quantificherà i costi del riscatto.
Perché la domanda sia accolta, il lavoratore dovrà provare, tramite documenti originali, l’esistenza e la durata del rapporto di lavoro e, ove possibile, l’importo della retribuzione (è ammessa anche la dichiarazione del datore di lavoro, fatta ora per allora, purché convalidata dall’autorità consolare italiana, mentre non è consentita la prova testimoniale, né il ricorso a dichiarazioni di responsabilità).
La situazione di chi lavora all’estero, ma è dipendente di un’azienda italiana.
Ai lavoratori che prestano la loro attività all’estero per conto di un’azienda italiana, viene applicata una particolare normativa finalizzata a garantire loro, oltre che un minimo di trattamento economico normativo, anche un’adeguata tutela pensionistica.
La disciplina applicabile ai suddetti lavoratori è distinta, a seconda che il prestatore svolga la sua attività in Paesi UE o extra Ue, in tale ultimo caso, le previsioni saranno differenti qualora il paese extra UE abbia o meno stipulato una convenzione con l’Italia.
Se il lavoratore è inviato a prestare la sua attività in un Paese Ue o con cui l’Italia ha stipulato una convenzione, si applica il “principio della territorialità”, ossia il lavoratore deve essere assicurato nel Paese in cui presta la sua opera; è tuttavia consentito mantenere il regime previdenziale del Paese di provenienza nel caso in cui l’attività sia svolta all’estero per un periodo limitato, come nel caso del distacco (che ha una durata variabile tra 6 mesi e 3 anni, prorogabili dall’Autorità competente del luogo di lavoro).
In caso di lavoratori inviati in Paesi extra Ue non convenzionati, la legge n. 317/1987 impone all’azienda di assicurare l’interessato secondo le regole della legislazione italiana (una particolarità sta nelle retribuzioni sulle quali calcolare i contributi da versare che sono fissate convenzionalmente).