Illecito dell’agente assicurativo e responsabilità ex art. 2049 c.c. della Compagnia

Illecito dell’agente assicurativo e responsabilità ex art. 2049 c.c. della Compagnia

A cura di Teresa Cofano

Tizio citava in giudizio la Compagnia sostenendo di aver versato al suo agente locale la complessiva somma di euro 50.000,00 ai fini della stipula di due polizze assicurative che, successivamente, aveva scoperto non essere mai state emesse, essendosi l’agente appropriato del denaro per fini personali.
Invocando la responsabilità indiretta della preponente, ex art. 2049, per l’operato illecito dell’agente, chiedeva, quindi, di essere risarcito del danno subito.
La Compagnia, costituendosi in giudizio, eccepiva in via preliminare la prescrizione del diritto, sostenendo applicarsi, nel caso di specie, il termine di -. ed essendo decorsi oltre – dal fatto appropriativo; nel merito, la carenza di prova in ordine all’asserito versamento delle somme e, comunque, l’assenza di responsabilità a suo carico. In primo grado, il Tribunale di Avellino respingeva la domanda, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Compagnia.
Avverso la decisione proponeva appello Tizio deducendo l’errata applicazione al caso di specie del termine di prescrizione di 6 anni, nonché la non corretta valutazione delle prove da parte del primo Giudice.
Si costituiva in giudizio la Compagnia resistendo all’appello e chiedendone il rigetto.
La corte d’appello dichiarava inammissibile l’appello ex art. 342 bis c.p.c.
Proposto da tizio il ricorso ex art. 360 c.p.c., la Cassazione cassava la sentenza d’appello e rimetteva la causa dinanzi alla Corte d’appello.
Nel giudizio di rinvio le parti ribadivano le rispettive tesi difensive.
Con sentenza del 14 maggio 2024 la Corte d’appello di Napoli, pur ritenendo fondato il motivo di gravame avente ad oggetto il termine di prescrizione, non ha ritenuto meritevole di riforma la decisione. In particolare, la Corte ha ritenuto:
– Che le polizze prodotte in giudizio da Tizio, erano state specificamente contestate dalla Compagnia, e Tizio non ha assolto l’onere di provarne la genuinità;
– La mancanza di prova in ordine alla circostanza del pagamento dei premi in contanti, modalità di pagamento per antonomasia e non tracciabile, contrastante con la prassi normalmente seguita nelle contrattazioni di tale entità, tanto più quelle con operatori del settore assicurativo e finanziario;
– Che la quietanza rilasciata dall’agente a Tizio forma piena prova solo nei rapporti tra solvens e accipiens, mentre nei confronti dei terzi ha valenza meramente indiziaria,
(Corte appello Napoli, sentenza n, 2126 del 14 maggio 2024 – causa seguita da Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano)

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