A cura di Teresa Cofano
La Compagnia A instaurava una procedura esecutiva immobiliare nei confronti di un ex agente al fine di recuperare l’ingente credito nei suoi confronti in relazione al cessato rapporto di agenzia.
L’immobile esecutato risultava di proprietà del debitore, essendogli pervenuto, per una piccola quota, giusta successione nell’eredità della madre e, per una quota maggiore, giusta successione nell’eredità di una zia.
Sennonchè, mentre la accettazione della eredità della madre risultava trascritta presso la competente Conservatoria, alla data di instaurazione della procedura esecutiva, il debitore non aveva espresso alcuna manifestazione di volontà in ordine alla accettazione dell’eredità della zia e tale circostanza – e cioè la mancanza della continuità delle trascrizioni – veniva rilevata dal CTU, su istanza del quale il Giudice dell’esecuzione sospendeva le operazioni di stima del bene pignorato.
La Compagnia, ai fini del prosieguo della procedura esecutiva chiedeva, quindi, ai sensi dell’art. 481 c.c. e dell’art. 749 c.p.c., al Tribunale competente di fissare un termine entro il quale il chiamato all’eredità dichiarasse se accettare, o meno, l’eredità della zia.
Nel suddetto procedimento di volontaria giurisdizione, il Giudice assegnava termine di 60 giorni al debitore per dichiarare se accettare o rinunciare alla l’eredità della zia, avvertendolo che, decorso tale termine, avrebbe perso il diritto di accettare.
L’ex agente non manifestava alcuna volontà nel termine assegnatogli e, conseguentemente, perdeva il diritto di accettare l’eredità.
Detta rinuncia, avendo ad oggetto una quota dell’immobile oggetto di esecuzione, recava, naturalmente, un danno alla creditrice, non avendo l’ex agente un patrimonio adeguato al soddisfacimento del credito vantato dalla Compagnia nei suoi confronti (il debitore non risultava proprietario di ulteriori beni immobili e non risulta essere attualmente iscritto al Registro Unico Intermediari presso l’IVASS, né constavano suoi crediti verso terzi o beni mobili pignorabili).
A questo punto, ai fini del recupero del proprio credito nei confronti dell’ex agente, la Compagnia decideva di impugnare ex art. 524 c.c. la rinuncia all’eredità chiedendo al Tribunale competente di dichiarare inefficace, nei suoi confronti di Allianz, la rinuncia dell’agente all’eredità della zia e di essere autorizzata ad accettare la quota di eredità della de cuius in luogo del chiamato all’eredità rinunciatario, ciò allo scopo di soddisfarsi sul predetto bene fino alla concorrenza del proprio credito.
Con sentenza n. 3607/2024 il Tribunale di Venezia ha accolto la domanda della Compagnia, osservando:
- che l’azione ex art. 524 c.c. è uno strumento che consente al creditore di soddisfarsi sui beni ereditari e che può essere proposto non solo in presenza di una rinuncia formale all’eredità, ma anche nell’ipotesi di decadenza del chiamato dal diritto di accettare l’eredità, quando lo stesso abbia lasciato infruttuosamente decorrere il termine assegnatogli a seguito dell’esperimento dell’actio interrogatoria, come nel caso di specie;
- che la norma di cui all’art. 524 c.c. esige, quale unico presupposto oggettivo, un prevedibile danno al creditore, che si verifica quando fondate ragioni facciano apparire i beni del rinunziante insufficienti a saldare i suoi debiti;
- Che la Compagnia aveva fornito sia la prova del proprio credito, sia del danno derivante dalla mancata accettazione dell’eredità rinuncia nel caso in questione aveva creato un danno alla Compagnia creditrice, e che a fronte di ciò era onere del debitore provare che, nonostante la rinuncia, il suo patrimonio residuo fosse in grado di soddisfare il diritto della creditrice, prova che il debitore, rimasto contumace, non aveva fornito.
La “surroga” della Compagnia nel diritto del debitore conseguente alla suddetta pronuncia ha consentito di sanare il difetto di continuità delle trascrizioni e di riattivare la procedura esecutiva immobiliare, lasciando ben sperare in merito alla possibilità di recupero del credito.