Intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie e violazione del pactum fiduciae: tutela obbligatoria e non tutela reale. Il caso deciso da Cass. 15 giugno 2023, n. 17151.

Intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie e violazione del pactum fiduciae: tutela obbligatoria e non tutela reale. Il caso deciso da Cass. 15 giugno 2023, n. 17151.

A cura di Francesco Cristiano

Quattro fratelli avevano intestato fiduciariamente alla società Alfa, avvalendosi anche di una serie di soggetti interposti, le loro partecipazioni paritetiche nella società Beta. Il capitale sociale di Alfa risultava detenuto, peraltro, da un ulteriore fiduciario, che nomineremo Tizio. Nell’anno 2006, in violazione di un complesso accordo fiduciario di cui erano parte anche tutti gli interponenti, tre dei quattro fratelli facevano in modo che le partecipazioni in Beta fossero a loro integralmente trasferite, escludendo il quarto fratello Caio e ledendo i diritti del medesimo. Quest’ultimo avviava, quindi, un’azione giudiziaria verso i congiunti ed anche verso una società interposta di uno di loro, ai fini: 1) dell’accertamento, in via principale, della previa intestazione fiduciaria delle quote di partecipazione in Beta ad una pluralità di soggetti interposti e della declaratoria della titolarità del 25% di tale partecipazione in capo allo stesso Caio, nonché della condanna dei convenuti alla consegna della partecipazione e alla restituzione degli utili conseguiti dal 2006 in avanti; 2) della condanna dei medesimi convenuti, in via subordinata, al risarcimento del danno.
I giudizi di merito si concludevano con il rigetto di tutte le domande attoree. In particolare, la sentenza di secondo grado escludeva che potesse essere accolta la richiesta di accertamento dell’interposizione e di ri-trasferimento della quota in favore di Caio, considerato il carattere reale dell’interposizione oggetto del giudizio e, quindi, la titolarità in capo ad Alfa del diritto di proprietà della quota di partecipazione di Caio in Beta, poi trasferita agli altri fratelli disattendendo l’accordo fiduciario. Quanto alla domanda risarcitoria subordinata, ne era rilevata l’infondatezza in ragione del fatto che non erano stati citati in giudizio i fiduciari finali e, in particolare, Tizio (quale socio di Alfa), né era stata lamentata la responsabilità degli amministratori di Alfa che avevano provveduto all’atto di alienazione.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Caio, censurando la sentenza gravata, in particolare, per l’intrinseca contraddittorietà della sua motivazione. Se da un lato, infatti, la Corte territoriale aveva accertato, in base ai documenti in atti, la titolarità in capo ai quattro fratelli delle partecipazioni al capitale di Beta, dall’altro lato aveva poi omesso di trarre le conseguenze giuridiche da tale pur comprovata situazione, incomprensibilmente focalizzando e deviando la sua attenzione sullo “schermo” finale, costituito sia dalla intestazione ad Alfa del capitale sociale di Beta, sia dalla partecipazione in Alfa (non direttamente dei quattro fratelli, ma) di Tizio, quale ulteriore soggetto interposto, e considerando infine tale ultima interposizione preclusiva dell’accoglimento di tutte le domande proposte.
La motivazione della decisione impugnata si poneva, per di più, in contrasto con le caratteristiche del negozio di interposizione fiduciaria di partecipazioni in società, quale contratto a forma libera (cfr., tra le varie: Cass. 28 aprile 2021, n. 11226; Cass. 19 maggio 2020, n. 9139; Cass. 27 ottobre 2017, n. 25626) e con causa propria, la quale non risiede né nel trasferimento del bene, né nella sostituzione al mandante ai fini del compimento di specifici atti, ma nella combinazione dei due momenti, in vista dell’obiettivo della c.d. spersonalizzazione della proprietà (cfr. Cass. 9 maggio 2023, n. 12353; Cass. 28 aprile 2021, n. 11226). Più nello specifico, nella declinazione della “causa concreta” del negozio, quindi di emersione di tutti gli interessi rilevanti all’interno del contratto e di valorizzazione delle ragioni poste a base dei comportamenti giuridici, avrebbe dovuto essere considerato che l’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie è volta alla realizzazione degli interessi esclusivi del fiduciante, a prescindere dalle peculiarità strutturali dell’operazione posta in essere.
In un tale contesto, argomenta la Suprema Corte, l’esistenza, nella singola operazione, di diversi passaggi fiduciari e di titolarità indirette della quota di partecipazione societaria non poteva valere ad escludere la riconducibilità della sua titolarità al vero soggetto interponente. Risultava, dunque, censurabile la conclusione della Corte del merito in punto di rigetto della domanda risarcitoria subordinata formulata da Caio. Non era, in particolare, condivisibile l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la mancata proposizione da parte dell’attore di un’azione (o comunque di una valida azione) di risarcimento del danno contro i tre fratelli; affermazione motivata con la circostanza che unicamente questi erano stati chiamati a rispondere della violazione del soggettivamente complesso patto fiduciario, invece che in concorso con il fiduciario finale stesso o con i suoi amministratori. Una motivazione di quel tipo non teneva conto della natura e delle finalità dell’accordo fiduciario, come sopra richiamate, né del fatto che i condebitori solidali non sono litisconsorti necessari, potendo il creditore agire soltanto contro uno o più di essi (cfr., ex multis: Cass. 4 giugno 2020, n. 10596). Nell’accogliere l’impugnativa interposta, la Suprema Corte ha quindi ritenuto di dettare il principio di diritto secondo il quale, in caso di intestazione fiduciaria di partecipazione sociale, sia pure attuata mediante una “catena” di diversi soggetti interposti reali, persone fisiche o giuridiche, la violazione del pactum fiduciae da parte dell’ultimo fiduciario, in concorso con altri soggetti cui questi abbia ritrasferito il bene in luogo del fiduciante, comporta il sorgere dell’obbligo in capo ai medesimi di risarcire il danno, in tal modo cagionato al socio originario che abbia visto leso il suo diritto al ri-trasferimento del bene, non ostando alla condanna dei concorrenti nell’illecito, i quali abbiano ottenuto il ri-trasferimento indebito in loro favore, la mancata evocazione in giudizio dell’ultimo fiduciario inadempiente, trattandosi di un litisconsorzio facoltativo, in cui il creditore ha facoltà di convenire in giudizio anche solo uno o taluno dei condebitori responsabili.
Quanto, invece, alla statuizione di rigetto della domanda principale di accertamento e ri-trasferimento della quota in capo a Caio, essa risultava – secondo la Corte di Cassazione – non censurabile: in assenza, infatti, di domande volte alla caducazione del contratto di trasferimento ai soli tre fratelli convenuti delle partecipazioni di tutti e quattro i fratelli in Beta, tale trasferimento – proveniente dal titolare effettivo Alfa, in virtù della interposizione reale di persona – non poteva efficacemente essere posto nel nulla.

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