A cura di Angelo Di Gioia
Una recente decisione del Tribunale di Monza, pubblicata il 16 maggio 2023, ha affrontato il delicato tema del licenziamento del dirigente per motivi disciplinari fondato su condotte omissive.
Come noto, gli inadempimenti che possono dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari possono consistere non solo in comportamenti “attivi” posti in essere dal lavoratore, ma anche in omissioni e in condotte negligenti. In tali casi, tuttavia, risulta spesso arduo fornire la prova della condotta omissiva, soprattutto laddove il dipendente si trovi ad operare in contesti complessi nei quali è meno agevole individuare le responsabilità dei singoli lavoratori addetti all’intera struttura aziendale o ente. In simili situazioni, infatti, è spesso difficile enucleare le specifiche condotte che possono essere formalmente contestate in via disciplinare a ciascuno dei lavoratori interessati in ossequio al disposto di cui all’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori che impone, come ben sanno gli addetti ai lavori, l’indicazione puntuale e specifica dei comportamenti oggetto di addebito disciplinare al fine di consentire al lavoratore di esercitare il proprio diritto di difesa. Ancora più difficile, nei suddetti casi, è l’individuazione delle responsabilità dei dirigenti apicali preposti alla struttura aziendale, in quanto tali responsabilità finiscono spesso per essere “diluite” nel contesto complessivo. Questo è il caso affrontato dal Giudice del Lavoro di Monza, relativo al licenziamento comminato a un Direttore Medico di Presidio a cui era stato addebitato di non avere dato attuazione alle misure di sicurezza adottate dagli enti nazionali e regionali, oltre che dalla direzione dell’Azienda Sanitaria, durante il periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il dirigente si era difeso affermando che le contestazioni vertevano su condotte omissive descritte nella lettera di contestazione in termini generici e senza che fossero stati rilevati dei comportamenti specifici addebitabili chiaramente al medesimo dirigente.
La difesa del lavoratore, pertanto, aveva sostenuto che non fossero individuabili delle specifiche responsabilità del direttore medico di presidio, in quanto le varie circostanze indicate nella contestazione avrebbero dovuto essere ricondotte ai responsabili preposti ai vari reparti – subordinati al medesimo direttore – e al personale addetto ai medesimi reparti. Il Giudice di Monza ha respinto le eccezioni del direttore medico, superandole con argomentazioni puntuali basate sul ruolo di supremazia ricoperto dal medesimo ricorrente e sulle conseguenti responsabilità derivanti dalle mansioni allo stesso assegnate.
Nel fondare la decisione, in particolare, il Tribunale ricorda preliminarmente che “quando la condotta contestata si sostanzia in un’omissione e, quindi, in un fatto negativo, compete al datore di lavoro comprovarne la relativa materialità ed al dipendente dimostrare che il mancato adempimento della prestazione sia dovuto a causa a sé non imputabile e non a scarsa diligenza (cfr., ex multis, Cass. 249387/2015)”.
Ebbene, facendo applicazione di tale principio, verificata la mancata adozione delle misure organizzative di sicurezza dettate per contrastare l’emergenza epidemiologica, il Tribunale ha ritenuto che di tale mancanza fosse responsabile il direttore medico preposto al presidio ospedaliero atteso il ruolo apicale dallo stesso rivestito e le relative prerogative risultanti dalla normativa, con particolare riferimento all’art. 4 comma 9 del d.lgs. 502/1992 che individua nel Direttore Medico di Presidio il dirigente della struttura ospedaliera responsabile delle funzioni igienico-organizzative chiamato ad assicurare il collegamento funzionale delle attività ospedaliere con quelle territoriali, la qualità dell’assistenza, i rapporti con il pubblico, la programmazione dell’approvvigionamento e del razionale impiego del personale, la definizione di standard qualitativi e di modelli organizzativi interni e di coordinamento con le risorse assegnate.
Alla luce delle competenze manageriali, programmatorie ed organizzative finalizzate all’efficace funzionamento del presidio, pertanto, il direttore medico, anche in quanto gerarchicamente sovraordinato ai sanitari responsabili dei vari reparti, è stato ritenuto responsabile delle omissioni riscontrate.
La sentenza si pone in continuità con l’orientamento giurisprudenziale che, individuando nei dirigenti apicali i soggetti responsabili dell’andamento di una azienda o di un ente, pone in capo a medesimi dirigenti la responsabilità per le violazioni determinate dall’omesso esercizio delle loro prerogative di direzione e di controllo. In tali casi, come correttamente affermato dal Tribunale di Milano in una precedente pronuncia riferita a un licenziamento di un direttore generale di una azienda privata, non si configura una responsabilità oggettiva connessa al ruolo del manager, bensì la violazione di specifici obblighi connessi al rapporto di lavoro e relativi ai poteri e doveri in concreto affidati al lavoratore, con particolare riferimento al dovere di vigilanza (cfr. Tribunale di Milano, sentenza 20 novembre 2014).
In conclusione, sono pienamente condivisibili le conclusioni a cui è giunta la sentenza in commento laddove afferma con forza il principio secondo cui il dirigente apicale risponde direttamente delle violazioni riscontrate dal datore di lavoro nella struttura dallo stesso diretta, in quanto determinate dalla negligenza nello svolgimento delle mansioni di direzione e controllo assegnate a chi riveste un ruolo apicale ed è, pertanto, responsabile, dell’andamento complessivo della struttura allo stesso affidata.