
A cura di Barbara Fumai
Con la sentenza n. 57/2022 del 6 dicembre 2022, la Corte d’appello di Trento ha confermato la sentenza del Giudice del Lavoro di Trento, che aveva accolto il ricorso in opposizione promosso da una Società a partecipazione pubblica avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da un ex Dirigente per il pagamento di una somma asseritamente dovuta a titolo di TFR, ferie e tredicesima, in quanto la stessa Società riteneva di avere a sua volta un credito nei confronti del Dirigente, in ragione del danno dallo stesso provocato alla Società nell’esercizio delle mansioni affidategli.
Proprio per la condotta che aveva dato origine al lamentato danno, il Dirigente era stato sottoposto a procedimento penale, conclusosi con sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., c.d. sentenza di patteggiamento. Il primo Giudice – per quanto, secondo il prevalente orientamento della Suprema Corte, la sentenza di patteggiamento nel giudizio civile non possa avere efficacia né di giudicato, né vincolante, né di inversione dell’onere della prova e per quanto l’art. 444 c.p.p. escluda espressamente l’efficacia della sentenza di patteggiamento nell’ambito del giudizio civile – aveva ritenuto che un tale tipo di sentenza potesse, comunque, assumere la valenza di un “fatto storico” ed essere, quindi, assunta come elemento di prova. Il particolare, il primo Giudice aveva ritenuto “fatti storici” la decisione del P.M. di richiedere il di rinvio a giudizio dell’imputato, la decisione del G.U.P. di accogliere tale richiesta e l’assunzione di siffatte decisioni sulla base di specifici argomenti di prova. Per l’effetto, la sentenza di patteggiamento, contenendo un accertamento ed un’affermazione di responsabilità impliciti sul merito dell’imputazione, costituiva un elemento di prova di quei fatti. La Corte d’appello di Trento, decidendo dell’impugnazione promossa dall’ex Dirigente ha respinto il ricorso, confermando la decisione di primo grado e condividendone la motivazione.
Ricorda il Collegio che anche l’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità è nel senso di attribuire “valenza probatoria ai fatti desumibili da quella sentenza (cioè, la sentenza ex art. 444 c.p.c.), vale a dire ai fatti storici con essa accertati”; ripercorrendo l’iter motivazionale del primo Giudice, la Corte accerta che, nella fattispecie, come richiesto dalla Corte di Cassazione, è stata operata una “valutazione all’interno di tutto il complesso probatorio”, costituito anche dai fatti accertati nella c.d. sentenza di patteggiamento. Fatti che, peraltro, anche secondo la Corte d’Appello, sotto il profilo del merito, non avrebbero trovato adeguata e puntuale contestazione, attraverso la prova di fatti ad essi contrari.
Merita un cenno anche un’altra delle questioni affrontate in questa sentenza, ovvero quella della giurisdizione. Trattandosi di una Società a partecipazione pubblica era stata messa in discussione, già in primo grado, la giurisdizione ordinaria a fronte della possibile riconducibilità della fattispecie alla giurisdizione della Corte dei Conti. La questione è stata risolta (anche) dalla Corte d’Appello, nel senso di confermare la correttezza della scelta del Giudice del Lavoro, sia in ragione della dialettica processuale (l’azione era stata promossa dall’ex Dirigente e la Società si era difesa chiedendo l’accertamento del danno subito da porre in compensazione), sia in ragione del fatto che, nella fattispecie, il danno erariale (definito ai sensi di legge quale pregiudizio subito dagli Enti partecipanti, cioè dai Soci in sé e non dalla Società partecipata), non sarebbe stato configurabile.