Part time a turni

Part time a turni

a cura di Luca D’Arco

La Suprema Corte di Cassazione con due decisioni nel giro di poche settimane (la n. 11333 del 29 aprile 2024 e la 13475 del 15 maggio 2024) ritorna ad affrontare la delicata questione dell’orario di lavoro nell’ambito del rapporto a tempo parziale, occupandosi in particolare del lavoro a turni.
In entrambe le fattispecie sottoposte al vaglio dei giudici di legittimità l’oggetto del contendere era la pretesa mancata predeterminazione dell’orario di lavoro nel contratto individuale.
A tal riguardo, va innanzitutto chiarito che la normativa applicabile (e valutata dai giudici) per entrambe le cause era quella contenuta nel Dlgs n. 61/2000, tuttavia la Corte di Cassazione (soprattutto con la sentenza n. 11333/2024) ha preso specifica posizione anche con riguardo all’attuale disciplina introdotta dal Dlgs n. 81/2015. Ricordiamo che ai sensi del comma 2 dell’art. 2, del D.Lgs. 61/2000 “nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’articolo 3, comma 7” (articolo quest’ultimo che disciplinava le c.d. clausole elastiche).
Il contratto contestato oggetto del giudizio deciso con la sentenza n. 11333/2024, era un part-time verticale nel quale era indicato il numero complessivo delle ore annuali (1008), il numero delle ore giornaliere (8), il numero dei turni mensili (18) ed il numero dei mesi di lavoro in un anno (7), con la “precisazione” che sarebbe stata comunicata “entro il 31 dicembre di ogni anno, la collocazione, per l’anno successivo, dell’orario di lavoro nell’ambito dei turni mensili, per i mesi di gennaio-giugno-luglio-agosto-settembre-ottobre-dicembre, che Ella sarà tenuto di volta in volta ad osservare”.
Il contratto oggetto della decisione n. 13475/2024 era anch’esso un part-time verticale nel quale era indicato il numero delle ore medie settimanali (19), quello mensile (80 ore poi aumentate a 96) e la fascia oraria del turno, mentre la collocazione specifica dei turni sarebbe stata comunicata dapprima sulla base di una programmazione semestrale e successivamente annuale.
La Suprema Corte con le sentenze in commento ha ribadito come la ratio del contratto part-time sia quella di consentire al lavoratore una migliore organizzazione del tempo di lavoro e del tempo libero, nonché di percepire (con più rapporto di lavoro a tempo parziale) una retribuzione complessiva che sia sufficiente a realizzare un’esistenza libera e dignitosa.
Sulla base di tale finalità da tutelare, è stato ritenuto, in entrambe le decisioni, che i contratti di lavoro esaminati fossero in contrasto con le norme di legge che imponevano la puntuale indicazione della durata della prestazione di lavoro e soprattutto della specifica collocazione temporale dell’orario avuto riguardo al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno, non consentendo ai lavoratori di conoscere con certezza ex ante come verrà eseguita nel tempo la propria prestazione.
Con la sentenza n. 11333/2024 la Suprema Corte di Cassazione ha, altresì, precisato che neppure sarebbe invocabile la nuova disciplina introdotta dal Dlgs n. 81/2015 ed in particolare il comma 3 dell’art. 5 secondo cui Quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”.
Ricordiamo che il comma 2 riprende l’omologa previsione dell’art. 2 dell’abrogato Dlgs n. 61/2000, imponendo che “Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno”. Secondo i giudici di legittimità quand’anche la nuova disciplina fosse ritenuta applicabile ratione temporis al contratto di specie, il predetto comma 3 deve essere interpretato in coerenza sistematica con il primo ed il secondo comma dello stesso art.5; nel senso della necessità che i turni di lavoro restino indicati per iscritto nel medesimo contratto, con specifica indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
La Suprema Corte ha, quindi, escluso che la mera previsione dello svolgimento dell’orario part time in turni (anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro, articolati su fasce orarie prestabilite) possa derogare all’esigenza della puntuale indicazione dei turni nel contratto di lavoro (che la stessa legge vuole programmati per fasce prestabilite).
Ciò in quanto, una simile interpretazione sarebbe – secondo la Cassazione – illogica ed in contrasto anche con la ratio protettiva del part time, poiché se fosse sufficiente articolare genericamente il lavoro in turni per superare l’esigenza di indicazione puntuale dell’orario di lavoro nel contratto part time, si giungerebbe a legittimare sostanzialmente la mancata indicazione di qualsiasi orario.
In altri termini, per i Giudici di legittimità, per quanto riguarda i turni assegnati ai lavoratori part-time, le indicazioni di legge e di contratto possono ritenersi rispettate solo quando – in mancanza di clausole flessibili elastiche – nel contratto di lavoro part time vengano indicati i turni in modo preciso e costante, in modo da rendere noto al lavoratore come verrà eseguita nel tempo la propria prestazione.
Non è parimenti possibile, in quanto non previsto dalla legge né consentito anche alla luce della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 210/1992, prevedere pattuizioni che autorizzino la comunicazione dell’orario di lavoro ovvero della sua collocazione ex post con cadenza annuale o addirittura mensile o comunque il potere del datore di lavoro di variare unilateralmente la collocazione oraria della prestazione a tempo parziale, salvo il caso delle cosiddette clausole elastiche.
Tali clausole (regolamentate dall’art. 6 del Dlgs n. 81/2015 e dalla maggioranza dei CCNL), consentono, ove inserite nei contratti individuali, di variare – ferma restando la puntuale indicazione della collocazione temporale dell’orario di lavoro part-time con riferimento al giorno, settimana, mese e anno – la collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero la sua variazione in aumento della sua durata, previo rispetto di un periodo di preavviso minimo di 2 giorni lavorativi (fatte salve diverse previsioni collettive sul punto) e con il riconoscimento di specifica maggiorazione retributiva per le ore variate.
Alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte è quantomai opportuno affidarsi a professionisti per la predisposizione del contratto di lavoro a tempo parziale specie nel caso di distribuzione oraria su turni.

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