A cura di Francesco Cristiano
Tizia, erede del socio Caio della s.r.l. Alfa, ricorreva per decreto ingiuntivo verso quest’ultima per ottenere la restituzione di un finanziamento effettuato dal de cuius nei riguardi della predetta Società. Emesso il decreto ingiuntivo dal Tribunale di Milano, Alfa si opponeva invocando l’applicazione dell’art. 2467 c.c., che impone la postergazione del pagamento rispetto agli altri creditori, sostenendo che il finanziamento era stato concesso in una situazione di grave crisi finanziaria della Società. Concessa la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo, la causa di opposizione veniva istruita documentalmente e l’opposizione era, infine, rigettata dal Tribunale milanese, sez. specializzata in materia di impresa, con sentenza n. 5537/23 del 4 luglio 2023.
Nel merito, risultava – anzitutto – provato il credito di Tizia, quale avente causa di Caio, il quale si era impegnato a versare ad Alfa una determinata somma di danaro, che avrebbe dovuto avere come controprestazione l’assegnazione di un immobile sociale allo stesso Caio. Il versamento era avvenuto in misura parziale, sicché l’assegnazione immobiliare non era stata effettuata, dal che il Tribunale traeva la conseguenza che la somma erogata alla Società si era trasformata in mero finanziamento, con diritto di Caio – ed ora della sua erede – di ottenerne la restituzione.
Quanto all’eccezione di postergazione ex art. 2467 c.c., il Tribunale di Milano richiamava talune proprie precedenti pronunzie, a mente delle quali:
(I) l’art. 2467 c.c. formalizza la fattispecie dei “finanziamenti dei soci” nella forma più estesa possibile (“in qualsiasi forma effettuati”), così da includervi senz’altro anche qualunque posizione giuridica soggettiva qualificabile come “diritto di credito” nei confronti della società, indipendentemente dallo schema giuridico utilizzato per l’effettuazione del finanziamento e purché si tratti di un atto o di un comportamento volontario del socio (Trib. Milano 13 ottobre 2016, n. 11243);
(II) l’applicazione della regola di cui al primo comma dell’art. 2467 c.c. è circoscritta alle sole ipotesi di finanziamenti realizzati nelle circostanze anomale postulate dal secondo comma della norma e, viceversa, non si estende ai finanziamenti dei soci concessi in condizioni fisiologiche, non rilevando eventuali successivi peggioramenti della situazione patrimoniale della società (Trib. Milano 13 ottobre 2016, n. 11243); ad ogni modo, la regola della postergazione del finanziamento-soci di cui all’art. 2467 c.c. si applica anche al di fuori di una fase di formale liquidazione della società, purché vi sia uno stato di sostanziale insolvenza che giustifichi l’anticipazione della tutela dei terzi creditori rispetto a quella dei soci finanziatori (Trib. Milano 13 giugno 2016, n. 7265);
(III) la postergazione del credito vantato dal socio nei confronti della società ex art. 2467 c.c. costituisce una specifica eccezione in senso stretto che la società convenuta è onerata di opporre e provare, dimostrando non solo l’esistenza di “un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” e quindi di “una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento” al momento in cui il socio effettuò il finanziamento, ma altresì la persistenza di tale stato di crisi economico-finanziaria della società al momento in cui il socio abbia chiesto il rimborso del finanziamento (Trib. Milano 13 giugno 2016, n. 7265).
Nel caso di specie, Alfa non aveva provato che tanto al momento del finanziamento, quanto a quello della richiesta di rimborso la Società si trovasse in una situazione di crisi economico-finanziaria. Anzi, dai bilanci degli anni antecedenti tale richiesta, emergevano in modo costante utili di esercizio ed un incremento del patrimonio netto, pur a fronte di debiti importanti. L’allegazione di una situazione di squilibrio era stata effettuata soltanto in sede di precisazione delle conclusioni a mezzo della produzione del verbale di approvazione dell’ultimo bilancio approvato; allegazione che, tuttavia, era ritenuta tardiva dai Giudici e, in quanto tale inammissibile. In tale contesto, il quadro complessivo delle prove ritualmente prodotte denotava, secondo il Tribunale, una situazione ben lontana dall’eccessivo squilibrio richiesto dall’art. 2467 c.c., con la conseguenza che l’eccezione di postergazione del credito doveva essere disattesa ed il decreto ingiuntivo confermato.