Illecita sottrazione di somme di denaro e condanna della lavoratrice

Illecita sottrazione di somme di denaro e condanna della lavoratrice

Causa seguita da Salvatore Trifirò, Mariapaola Rovetta e Federico Manfredi 

 

La Corte d’Appello di Milano, con decisione in data 22 marzo 2021, ha condannato l’ex dipendente amministrativa di un’azienda a restituire l’importo di oltre un milione di euro di cui la stessa si era appropriata indebitamente nel corso del rapporto di lavoro. 

Più in particolare, la lavoratrice ha svolto la sua attività per vent’anni per conto della stessa azienda, con mansioni di Responsabile contabile, tanto da essere diventata una persona di fiducia per l’Amministratore delegato e per gli altri vertici e consulenti dell’azienda. 

Occasionalmente, e solo a seguito di assunzione di una dipendente che doveva sostituire la lavoratrice, la quale, nel frattempo, aveva raggiunto i requisiti della pensione ed aveva continuato a collaborare con l’azienda, l’Amministratore delegato è venuto a conoscenza che la stessa aveva per oltre dieci anni sottratto di volta in volta somme di denaro dalle casse sociali in modo occulto, attraverso un sofisticato meccanismo contabile che comportava l’incremento a monte dei valori del giustificativo originario e la successiva iscrizione di maggiori costi (inesistenti) attraverso la manomissione delle cifre nelle scritture contabili successive e sottoposte alla firma dell’Amministratore delegato. 

Sentiti i testimoni, il Tribunale di prime cure si è pronunciato a favore della lavoratrice sulla base di presunzioni che hanno portato lo stesso a convincersi che fosse inverosimile che nessuno in azienda si fosse mai accorto di un ammanco di tale portata e, nello stesso senso, si è espresso il Giudice penale con una pronuncia che ha portato all’assoluzione della ex dipendente. 

La difesa della Società in sede di appello ha posto – invece – l’attenzione sui meccanismi contabili alla base della gestione aziendale e sui sistemi di controllo e revisione dei conti, mostrando nel concreto e nel dettaglio come fosse stato impossibile per l’Azienda rintracciare le manomissioni operate dalla ex impiegata infedele e dunque la stessa abbia potuto indisturbatamente sottrarre danaro dai conti aziendali per anni. 

La Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza del Giudice di primo grado, nonostante l’intervenuta assoluzione in sede penale, ha condannato la lavoratrice alla restituzione del denaro sottratto, ritenendo idonei gli elementi di prova e gli argomenti offerti dall’azienda.

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