Lavoratore rifiuta di trasferirsi e viene licenziato: nel giudizio di opposizione al licenziamento non può contestare il trasferimento se non l’ha impugnato nei termini di legge
Causa seguita da Marina Olgiati e Francesco Torniamenti
(Trib. Bari, 31 luglio 2018, n. 35502, ord.)
Il lavoratore che rifiuta il trasferimento e viene in seguito licenziato per assenza ingiustificata, nel giudizio di impugnazione del licenziamento non può più mettere in discussione la legittimità del cambiamento di sede al fine di provare le ragioni della sua assenza, se non ha impugnato il provvedimento di trasferimento nei termini di legge.
La vicenda di causa riguarda il caso, non infrequente, in cui il datore di lavoro modifica il luogo della prestazione lavorativa ed il dipendente arbitrariamente non ottempera all’ordine di trasferirsi, venendo così licenziato per assenza ingiustificata.
Nella fattispecie giudicata, il lavoratore aveva impugnato stragiudizialmente il trasferimento nel termine di 60 giorni, ma non aveva presentato ricorso giudiziale nei successivi 180 giorni, così come stabilito dall’art. 6, comma 2, della L. n. 604/1966, in combinato disposto con l’art. 32, comma 3, lett. c) della L. n. 183/2010. Nel giudizio instaurato contro il licenziamento pretendeva, tuttavia, di giustificare la sua assenza, sostenendo che il disposto trasferimento era illegittimo perché immotivato e ritorsivo e, conseguentemente, fondato il suo rifiuto a recarsi nella nuova sede di lavoro.
La società datrice aveva, innanzitutto, eccepito la mancata proposizione dell’azione giudiziale avverso il trasferimento e l’intervenuta decadenza.
Il Tribunale di Bari ha accolto l’eccezione, con la seguente motivazione: il trasferimento è atto autonomo rispetto al licenziamento, anche se il primo costituisce il presupposto del secondo; il trasferimento è soggetto ad un’autonoma impugnazione, nei tempi e nei modi previsti dalla normativa sopra menzionata, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento; l’impugnazione del successivo licenziamento non rimette in termini il lavoratore che non abbia impugnato il trasferimento nei termini di legge; e ciò per esigenze di celerità del processo e di certezza dei diritti, sottese alle regole decadenziali.
Dall’accertata decadenza e dalla conseguente preclusione del vaglio di legittimità del trasferimento, discende che, nel giudizio di opposizione al licenziamento, il lavoratore non può censurare il trasferimento e muovere eccezioni per giustificare il suo rifiuto a trasferirsi. Pertanto, poiché nel caso deciso erano pacifici e non contestati sia il fatto che il lavoratore si era assentato dal lavoro sia la circostanza che l’assenza ingiustificata costituisce giusta causa, il Tribunale ha respinto il ricorso avverso il licenziamento.
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